I. DELLE militari fortune
de' Napoletani han parecchi scrittori, nel
volger de’ tempi, fatto memoria. Non
per tanto, ad esplicar meglio le attenenze,
che i guerreschi fatti han coi civili e politici
avvenimenti, mancava tuttora una speciale
storia, che vie più li venisse collegando.
Intento io a scrivere degli Annali di Napoli
sotto il Regno d'Italia, non mi era ancor
dato di compormi un corretto giudizio degli
ultimi travagli, al cader della Monarchia,
tocchi a' Napoletani. Senonchè, per
imbattermi in un uomo, che troppo onorevoli
tradizioni domestiche continua, in opere,
il Generale Antonio Ulloa mi si offeriva largo
e cortese di conforto, con aprirmi i molti
libri da esso lui compilati per una Storia
Militari del Reame di Napoli, da Ruggiero,
fondatore della Monarchia, a Francesco II
di Borbone, ultimo sortito a difenderla, cadendo
in Gaeta.
Soldato e scrittore, con allato due insigni
fratelli, Pietro e Girolamo, stato il primo
una contemporanea celebrità, un vivente,
onore d'Italia l'altro, egli ha per fermo
tanto ben servito col cuore e con la spada
lo storico diritto della Monarchia quanto
con 1'ingegno e con gli scritti giovato il
paese e la repubblica delle Lettere. E la
grave età, non gli svigorendo le fibre
dell'animo, non ne interrompe, per lo compimento
dell'opera, gli antichi studi, o ne scema
l'ardore. Il pensiero in esso lui non si raccoglie
che per venir fuori più maturo e lucente;
infaticabile in ciò precipuamente,
che possa, nella storia militare del Reame
onorare i suoi compatrioti. E vi ha di più.
La sua casa, solitario domestico santuario,
riman libera a quanti, che vivon di memorie,
di storiche e militari notizie han d'uopo.
L'è un archivio di documenti che una
tenace volontà, tra felici congiunture,
in alto ambiente, in che s'è levato,
sol potea venirgli mostrando, per farne tesoro.
E ne verrò la genesi sponendo.
II. Volgea il 1830. Era tempi, che parean
o erano felici. Niun principato, sì
come quello di Ferdinando II, sembrava, per
gli ottimi principi, dover reggere lungamente
prosperoso. Parea Napoli non avvertire i nuovi
moti di Francia per lo surrogarsi degli Orleans
a' Borboni; non si impensieriva, delle civili
guerre di Spagna per i successori di Ferdinando
VII; ed assai meno guardava i fatti della
Polonia e del Belgio. Il Reame quietava. E,
a discancellare tracce tuttora di politici
rancori, il Re avea tantosto riaperto le porte
del paese a quanti giuridiche sentenze o paura
mantenean fuoriusciti. «E sien grazie»
esclamava il barone Giuseppe Poerio in difesa
di un Longobneco presso la Corte Penale di
Catanzaro, «all'ottimo Monarca, da cui
riconosco 1'aver potuto risalutare questi
luoghi, dove fu nudrita la mia infanzia, presso
che formata l'adolescenza, e dove riposano
le ossa dei miei genitori: e l'aver potuto
risalutar questa Curia, iniziatrice di quell'aringo
forense, che mi è stato interrotto
esercizio, ma perpetuo studio ed amore ».
Eran tempi promettitori di libertà
nuove; se libertà sieno i civili progredimenti,
espressioni di morali bisogni dell'uomo, e
non di passioni e di forza. Nium turbine dunque
di nuove idee ricorrea fragoroso il sociale
ambiente. I vecchi, passati per l'aspra tempera
di assai rivolture, da plumbei disinganni
convertiti a pensieri e opere di pace: i giovani
ritraevan da essi loro ammaestramenti ed esempli
alla vita. Sbugiardati i superstiti de' soliti
banditori a parole, per farne traffico, di
felicità alle moltitudini. Parecchi,
che ne' rivolgimenti s'eran mostri tribuni
rabbiosi, n'avean da lunga mano smesso il
mestiere, tolta altra insegna, ciascuno accomodando
con gli animi gli orecchi a' tempi. Salvo
importate ed incomposte cospirazioni, niun
moto o brama di moto nel Reame: poco men che
tutti parea stringere e fermare un cuore istesso.
Per modo che a quegli anni i posteriori comparando,
eran dessi tanto ripugnanti a rivolture quanto
questi ad incoraggiarne l'impunità.
III. Moderatore maturo mostravasi il senno
del giovane Re, ausiliato nel magistero della
cosa pubblica da uomini, della cui scienza,
e, ciò che più rileva, della
cui integrità, dopo cinquant'anni,
anche in ardore di contrarie passioni, gli
stessi avversari testimoniano il raro pregio,
non più veduto. Il marchese Giovanni
d'Andrea, Nicola Parisio, il Principe del
Cassero; quai nomi, e quante memorie! Stremato
il pubblico patrimonio dagli ultimi moti del
tempo, si ristorava e crescea abbondevole.
Il tradizionale decoro si restituiva affatto
a' Tribunali; e la solerte antiveggenza del
Cassero era salutevolmente applicata a, serbar
con gli altri Stati que' vincoli per cui principi
e nazioni, per cui in pace come in guerra,
si provavano indipendenti e temuti. Ed in
casa il Re, tutto modificando e rimosse certe
usanze di Corte, rificcasi più libero;
e, fuori, parea poco men democratizzarsi.
Si avvicinava a tutti; accoglieva chicchessia;
rendea grazie per un nulla, ingegnadosi, con
felice accorgimento, d'osservar tutto, per
venir sempre più nella scienza di pratica
vita, ch'è di uomini e di cose.
IV. A reggere la provincia, il comune, e ne'
primi unici di Amministrazione, eran traeletti
non pochi per fama e per credito estimati
ingegnosi ed integri. Lunga seguenza d'onorati
nomi, più che in mente, mi si rischierà
dinanzi al cuore. Il Marchese di Mollicone,
o Giordano de' Bianchi, il Duca di Monteiasi,
il Marchese de Turris, il Principe Dantice,
i fratelli Carlo e Luigi Cianciuli, Rocco
Beneventani, che ricusò il governo
della provincia di Foggia e, fu poi Consultore
di Stato, il Cav. de Liguori, Antonio Sancio,
Leonardo Morelli, Domenico Venthniglia, Mauro
Luigi Rotondo, Gaelano Ciaramelli, il Marchese
Trapani, G. B. Torelli, G. B. Winspeare, il
Marchese Vigo, Felice Cerilo, Federico del
Re, ed altri, de' quali vorrei pur qui fare
ricordo, se mel consentisse la brevità
dello scritto. E lo stesso Ministero di Polizia,
affidato al Generale del Carretto, immune
spesso da contagio di altri occulti, surti
più tardi a tutto mescere e percuotere,
noverava ben formali uomini, spiriti conciliatori,
avversi a rigori di sorta, amici della Dinastìa
e del paese. Il Marchese Bassano, Gennaro
Piscopo, Scipione Parlo, i Consiglieri Carlo
Galloni e Giuseppe. Maddaloni ed altri, avrebbero
medesimamente di loro uffici e di loro opere
onorati altri governi ad altri paesi. Non
ha la storia ancora, tra pareri discordi,
pronunciato l'ultimo verdetto sul Marchese
Francesco Saverio del Carretto, per essere
malagevole il sentenziare de' passatì
senza pericolo della prevalenza d'idee correnti
a' proprì tempi.
V. Non per fermo mollo diffusa la pubblica
istruzione; ma poco o nulla ufficiale il magistero
dell'insegnamento, e però più
libero, senza pur ombra delle odierne lustre,
che nulla di saldo radicano e fan largala
sopraffaccia vana. La scienza precipuamente
studiavasi per la scienza; ell'era fine e,
mezzo a sé stessa. Eran gli studi elezione
più che espedienti occorsi a pascer
di fortune i cultori, di volger le lettere
a lucro, ed inorgoglire a danno del merito
la mediocrità. Men forme, men tirocìni,
men gravezze conferiano a' giovani onoranze
di gradi e di laurea. Non era niegata la facoltà,
dì insegnare dopo il 1830 a parecchi,
che la richiesero, compromessi per fatti antichi,
e per ì più recenti del 1820.
A presidente della Pubblica Istruzione era
stato eletto, e lungamente vi resse in sino
a che morte noi tolse, un uomo insigne per
ìscienza e per virtù, Monsignor
Giuseppe Mazzetti. La Regia Università
tra i molti, che n' eran decoro, avea il ristoratore
della Filosofia in Italia, come il chiama,
il Mamìani, Pasquale Galluppi. Avea
quel miracolo di multiforme scienza, Stefano
delle Chiaie; avea Vincenzo Lanza, gran lume
della Medicina, e forse primo in Italia e
fuori; e noverava tra gli altri dotti giureconsulti,
fine loro infaticabile, Nicola Nicolini. Nelle
lettere le ultime reliquie tu ancor trovavi
della scuola di Alessio Mazzocchi; Monsigor
Rosini, i canonici Iguana, Rossi, del Jorio,
Lucignano ed altri. Fuori l'Università,
due capiscuola, Francesco Fuoco e Basilio
Puoti, solerti risvegliatoli di classici studi,
liberamente davano opera, l'uno a far pensatori
i suoi alunni, l'altro, iniziando in Napoli
il lavoro altrove già progredito de'
Cesari, de' Mustoxidi, de' Giordani, de' Perticari,
dei Gamba e d'altri benemeriti uomini, apriva,
i riposti tesori della nostra Lingua, che
sono nel 1300. — Inesauribile il vecchio
Barone Cosenza, non restava ancora di dar
fuori nuovi drammi; e la tragedia ed altresì
la classica commedia riproducea sulle scene
Cesare della Valle. Le tradizioni del Vanvitelli
continuavano in opere e restaurazioni mirabili
i Genovesi, i Nicolini, i Giura ed altri.
I ponti con catene di ferro, la prima, volta,
in Italia, si costruivano sul Garigliano e
sul Volturno. Avea la scultura Angelini, Persico,
Calì, ed altri parecchi. De Vivo, Guerra,
Garelli, Smargiassi, Fergola; e più
tardi de Napoli, Mancinelli, Palizzi singolarmente
serbavano le nobili tradizioni della scuola,
pittorica Napoletana. A Direttore del Regio
Conservatorio di S. Pietro a Maiella, dopo
i Paesiello e i Zingarelli, veniva Donizelti.
Le inspirate note di Bellini, di fresco uscito
di Collegio, si ripetean le più frequenti
ad ammaliarci il cuore in S. Carlo. Un umile
e sacro esule Greco, come il dice il Ranieri,
redivivo discepolo di Socrate, già
compagno del Coray, Gostantiuo Margaris, ci
esplicava un motto di Platone. Vivea qui gli
ultimi suoi giorni, e qui moriva l'ultimo,
di greca vena, de' grandi poeti italiani,
Giacomo Leopardi.
VI. E, tuttoché non affatto libera
la stampa, cercheresti in vano un libro o
giornale, pari in posteriori tempi all'ultimo
de' Venuti in luce a que' giorni. Le giuridiche
disputazioni di Michele Agresti, i giuridici
ed amministrativi lavori del Consigliere Vaselli,
le opere di Davide Winspeare, le non mai smesse
pubblicazioni, vuoi di Economia Sociale, vuoi
di Pedagogia e dì Filologia, di Francesco
Fuoco, i rilevanti scritti dì Carlo
Afan de Rivera, Direttore Generale de' Ponti
e Strade, il Vocabolario del Tramater, che
si ebbe a collaboratori i più forti
ingegni del paese; furon prove d'ingegno,
furono studi, della cui continuità
ed alla cui altezza maraviglierebbe il più
svegliato senno anche di più feconda
età. Ed il Pantano, l’Ape Sebezia,
il Progresso, e l’Antologia Militare,
della quale particolarmente farò ricordo,
non s'ebbero gazzettieri, ma scrittori, il
cui nome non resta in Italia, ma travalica
i monti e, corre oltre, i tempi: Nicola Covelli,
Oronzo Costa, Francesco Fuoco, Pasquale Borrelli,
o il suo anagramma Pirro Lallebasque, Francesco
Borrelli, Cataldo Iannelli, Luigi Cianciulli,
Andrea de Angelis, Luigi Blanc, ed altri.
Eran tempi di pace, nullamente svagato l'animo
ed il pensiero dei giovani men da splendori
di parole che da vivi esempi di venerandi
vecchi confortato a nudrirsi. I rinneganti
gli scolastici ordinamenti ed i fecondi studi
di quella, che può non a torto nomarsi
epoca per Napoli, provano o d'ignorare l'alto
pregio di tanti uomini, o, se, pur mostrino
di poter esercitar prestigio il proprio ingegno,
rinnegano, peggio che ingrati, d’esserne,
stati singolari autori e solo potenti cause
que' maestri, que' sistemi, quegli esempi,
quel tempo; in cui non vano suono articolato
o mentitore risuonava, ma ora la parola pensiero
e salutevole moto operante.
VII. Ma, ciò che da prima venne a più
rivelare l'intendimento e contrassegnò
il genio del Monarca, si fu, nel riordinamento
dell'Esercito, la cura ch'ei pose infaticabile
a munire d'ogni opera di defensione le fortezze,
e, segnatamente lo aperte sponde del Reame,
di littorali artiglierie. Eran tempi, in cui
davano i fatti più rilievo che le parole.
Preoccupato innanzi tutto dello incremento
ed avvenire dell'Esercito si applicò
risoluto al morale e, materiale ingrandimento,
che li potesse riguardare. Ond'egli poté
in progresso mantenere alto il prestigio d'indipendenza,
come niun de' suoi processori avea potuto
o mostrato. L'ammiraglio Marleen infatti obbligò,
nel 1744, pronto a bombardar Napoli, Carlo
III a richiamar le sue milizie dalla superiore
Italia. In nome della Francese Repubblica
La Touche nel 1793 costrinse Ferdinando I
a segnar la pace. L'Inglese commodoro Cambell
nel 1815 forzò il governo di Murat
alla dedizione, del navilio, ch'era in porto.
E, per converso, al 1837, l'ammiraglio Delhand,
entrato nel golfo di Napoli, il Re, in parte
allestito, mostrò di non temere. E
al 1840, nella controversia, de' zolfi, già
spedito un corpo d'esercito a Messina, preparata
ogni difesa, e rotte le ostilità, presentatosi
Stopford forte agguerrito in faccia, a Napoli,
nulla operò. Nel frangente, del 15
maggio 1848, Bandiu, Ammiraglio Francese,
con tre vascelli ancorato nel porto di Napoli,
chiedea al difficile governo di quel giorno
lo sbarco di più centinaia dì
soldati a riparo della vita e degli averi
dei suoi connazionali. N'ebbe istantemente
rigido e dignitoso diniego da Genaro Spinelli,
Principe di Cariati, che assumea nell'ora
istessa l'ufficio di Presidente de' Ministri.
E si fu il primo atto del memorevole uomo,
che 1815, in situazion men forti avea segnato
i patti con Cambell. Ed altro pure sì
legge nella storia militare del Generale Ulloa.
I Comandanti le stazioni navali di Francia,
e d'Inghilterra, Nonay e Robb, gli 11 settembre
1848, dopo la presa di Messina e di Melazzo,
già fatto compiuto, domandavano in
nome de' loro governi una tregua, lungo le
coste di Sicilia, per potere la mediazione
de’ rispettivi Governi accelerare la
pace generale. F. Carlo Filangieri, nella
congiuntura, più diplomatico che soldato,
o l’uno e l'altro insieme, pur rispondendo
cortesemente, non restava dallo suo militari
operazioni. Nel 1856, dopo il Trattalo di
Parigi, sostenne il governo di Napoli imperturbato
la partenza de' due ambesciadori, Francese
ed Inglese. Avanzava tuttora in Europa un
Diritto Pubblico; non per anco tutte lacere
le pagine dei Trattati; immaturo il sotterraneo
lavorio di convertire a pruove di diserzione
i più disposti nell'Esercito e segnalamento
nell’Armata, sopraggiunti i pericoli,
a pruove di codardia; e costante, nel suo
maggior vigore l'animo del Re di trovar, in
ogni evento, ciò che fu fede in esso
lui, solo durevole ausilio e forza nella forza
del diritto. Niun brano di esercito dava in
Italia all’età nostra pruove
di abnegazioni, di cuore, e di militare onore
pari agli esempi de' Napolitani rimasti sotto
le giurate insegne, e segnatamente nell'assedio
di Gaeta. Come niun Re, de' contemporanei
vinti, ed in condizioni più stremate,
cadeva pari n Francesco II, con la spada in
pugno. I buoni ordinamenti, civili o militari,
anche scomposti da trapotenti cause, non restano,
ne' loro stessi travagli, di testimonianze
tuttavia certa virtù di saldezza, che
s'ebbero nelle origini; e ne ritarda anche
non senza splendori la caduta.
VIII. A far l'esercito per fecondo avvenire,
occorrea innanzi tutto di raccorre e fecondar
nuovi semi. Sin dal cadere del passalo secolo
tra i militari instituti, iniziati da, Carlo
III, si era sotto Ferdinando I stabilita una
Militare Scuola, primo Direttore Giuseppe
Parisi, levato in progresso a Tenente Generale,
uomo meritamente in gran fama per copiosa
varietà, di scritti, e per integrità
di vita; tra i silenzi degli studi morto in
Napoli nel 1831. I Francesi nel decennio di
lor signorìa la Scuola confermarono
con unici, che in alcun modo ritraevano dalla
Politecnica di Parigi. Al 1819 la Scuola,
o Collegio (della Nunziatella) come le altre,
s'ebbe completo organamento; e ne avea il
governo il Generale Francesco Costanzo, che
vi ordinò uno speciale sistema d' insegnamento
per le scienze esatte; benemerito uomo, che
lasciò morendo, all'Ufficio Topografico
parecchi suoi manoscritti, de’ quali
la Società Napoletana di storia patria,
potrebbe fare ricerche. N'eran professori
Luigi Galanti, Ottavio Colecchi, Ferdinando
de Luca, Paolo Tucci, e più tardi Salvatore
de Angelis, stati i due ultimi, fuori del
Collegio della Nunziatella, anche i maestri
di quanti l'ingegneria Napoletana mostrava
non guari di uomini prestanti e solerti. E
Basilio Puoti, introdotto da Filangieri, vi
ristorava gli studi delle Lettere, cacciandovi
a sua volta a professori i suoi discepoli,
tra cui Francesco de Sanctis, stato più
volte Ministro della Pubblica Istruzione del
nuovo Regno d' Italia.
IX. Ed il Re, che al 1830 avea col Trono assunto
il retaggio d'ogni male del passato, e precipuamente
de' moti del 1820, riaperto il paese ad altri,
con più cuore avea richiamati Carlo
Filangieri, Alessandro Begani, i Pepe, Giulio
Caracciolo di Rocearomnna, Pignatelli, principe
di Molilerno, Raffaele Carrascosa ed altri,
che aventi onorato il Napoletano nome nelle
Francesi fortune, o compromessi po' fatti
del 1820. Egli dava opera sì fattamente
ad innobilire con essi il lavoro del nuovo
Esercito; non giudicando gli uomini da' soli
successi, che sono quando non contrari, accertatamene
indipendenti dal merito; nel modo che singolarmente
va notato in Francia, dove lo spirito nazionale
onora lauto i vincitori di Valniy e di Austerlitz,
quanto i vinti di Rosbach, e di Walerloo.
E gli storici militari Francesi vanno più
oltre. Li sospinge, 1'amor patrio a cercar,
dove che sia, anche il minino, che possa dar
rinomanza al proprio paese. Non si fermano
a narrare de' primi capitani, de' lor primi
condottieri in guerra, ma pur de' minori,
che segnalaronsi in tutti i fatti d’arme,
alzando memorie e biografie a gradi ed onore
di storia (1). Ed appuntati dì troppo
millantare le cose loro, ciò che torna
per fermo in commendazione dello spirito lor
nazionale, restano implacabili, ed è
questo salutevole rigor di giustizia, a punir
i disertori in guerra o codardi. Storici ricordi
i Generali sognanti i patti della dedizione
di Verdun, di Baylen, di Parigi.
(1) Chateauneuf — Historie des grands
capitanies de la France, pendant la guerre
de la libertè del 1792 a 1802.
Hostorie des Gènéraux Français,
depuis 1792 jusqu’à nons jours,
Paris 1811
Dietionnaire Historique des battailes, siéges
et combats de terre et de mer, qui out eu
lieu pendant la revolution Française.
Paris 1818.
Historie du General Pichegru, Paris.
X. Il Collegio della Nunziatella,
tra per tuttora lodevoli tracce segnale dal
Parisi, e salde basi poste dal Costanzo, per
la rinomanza de' Professori, e per lo dominante
pensiero del tempo, intento a speciale culto
di scienze esatte, ed a classici studi, non
indugiò guari a dar fuori i risultamenti
puri e maggiori anche de' primi instituti
militari di altri Stati. E venne, la mercé
di tante concause, ritraendo anche ciò
che di comune e dominante era in altre scuole
e licei del Reame. Fiorivano gli storici studi.
Carlo Troya, di fresco tornato d'esilio e
di particolare sovvenzione ausiliato dal Re,
dettava la sua Storia del Medio Evo. Raffaele
Liberatore si applicava a’ Civili Annali
di Napoli. Monsignor Giuseppe Capecelatro
ponea in luce pagine eloquenti dell'Antichità
e delle Fortune de' Capeci. L'ab. Sacchinelli,
raccoglieva, a difenderne il nome, Memorie
intorno al Cardinale Fabrizio Ruffo. L’economista
Luca de Samuele Cagnazzi preparava i suoi
Elementi di Cronologia. Ludovico Bianchini
ponea a stampa la sua Storia delle Finanze
di Napoli. La Storia de' Vespri Siciliani
di Michele Amari, e di Antonio Ranieri la
Storia d'Italia dal quinto al nono secolo,
furono studi e meditazioni di quegli anni.
Pregevoli lavori dier fuori medesimamente
Michele Baldacchini, Giuseppe de Cesare, Angelo
Granilo, principe di Belmonte, ed altri. Ed
in ideologico grado più generico ed
alto, de' due insigni scrittori, Francesco
Bozzelli e Pasquale Borrelli, 1'uno nella
Imitazione Tragica presso gli antichi e presso
i moderni ci dava la genesi e le fortune del
Dramma; l'altro, a preambolo del Vocabolario
del Tramater, sotto il modesto titolo di Discorsi
intorno alla Scienza Etimologica, in sapiente
sommario, colle origini di certe voci scopria
riposti frammenti d'una storia, delle Lingue.
XI. E, per essere non di rado 1'uomo il risanamento
di ciò che il circonda, cotesto moto
di storici studi dovea pur toccare a sé
trarre i più svegliati, che del Militare
Collegio, a maturità, di tempo, venian
fuori. Tra parecchi, de' quali farò
pur cenno, era Antonio Ulloa, Alfiere di artiglieria,
con in casa il maggior fratello, che fu Pietro
Ulloa, e fuori tra i migliori ufficiali, che
accertatamente noverava, la sua Arma, e per
felici congiunture che il menavano a conoscerli
tutto ciò che fuor dell’Esercito
rinveniasi di commendevole, Andrea de Angelis,
Luigi Blanc Luigi Cianciulli, Florestano Pepe
ed altri; dovea tutto ciò ingrandedogli
1'animo, volgerlo tantosto a tentar pruove
di nobile aringo. Erasi egli ormai svelato
con dare in luce la prima versione della Piccola
Guerra, o Trattato delle secondarle operazioni
di Guerra del Prussiano Decker, con l'istruzione
segreta, di Federico II. Si era palesato nel
Progresso; e anche in strenne e giornali minori
della stagione, correvano gravi e storici
articoli. Gli era noto, che nel quinquennio,
dal 1815 al 1820, si era tentato di comporre
un Militare Giornale del Deposito della Guerra,
e n'eran usciti due volumetti. Spirito operoso,
non ristette un istante. Le occasioni in tale
stato, anche indugiando, s'invocano. Assai
malagevolezze da prima il fermavano; finché
il suo coraggio, senz' altro, gliene ispirò
l’attuazione; e nel 1835 pei tipi del
Pizziello in Napoli fu stampato il primo volume
dell' Antologia. Militare.
(1) Sull’equilibrio
del timone d’artiglieria di campagna
– Sul tiro delle artiglierie ed in specie
di quello del mortaio- Metodo per livellare
un terreno a curve orizzontali praticato in
Gaeta nel 1833, ecc. Vol. I. -
XII. Ministro della Guerra era il Generale
Fardella, Siciliano, di provata fede, ma inconscio
delle mutati sorti dei tempo. Vi suppliva
non per tanto lo studio ed amore del Re, volto,
nel modo che superiormente dicevo, al progredimento
dell'Esercito. Non avversò il Ministro
l'apparizione dell'Antologia; ma volle, che
ne avesse quinci innanzi esercitata la preventiva
censnra un Consiglio d'alti ufficiali; tra
cui, e fu gran ventura, trovossi quel lume
d'ogni civile e militare virtù, che
fu il Colonnello ordinando Visconti, Direttore
dell'Ufficio Topografico e della Tipografia
della Guerra. E sin dal primo volume oltre
ad articoli di scientifiche nozioni guerra,
che non era dato di studiar sul terreno (l),
venia descritta ne’ contemporanei fatti;
e, in difetto di questi, in altri della moderna
storia straniera o nostra; l’Assalto
di Varsavia per i Russi nel settembre del
1831; dell'Artiglieria, Francese nell'Assedio
della Cittadella d'Anversa al 1832; Cenno
Storico delle Milizie Napoletane dal 1806
al 1815; Assedio di Gaeta del 1707; Biografìa
di Andrea Cautelino, Duca di Popoli ad altro.
Informò sì fatto ordine d'idee
prima ed in successo di tempo l'Antologia;
che segnò per ritorcilo un avvenimento;
non indugiando la stampa di Vienna e di Berlino
a commendarne la pubblicazione; e, ciò
che più monta, lo Spettatore Militare
di Francia, primo a darne l'annunzio, e a
tradurne poscia memorevoli saggi.
XIII. Scrittori dell'Antologia,alcuni
per troppa, modestia non apponendo i lor nomi,
furono quanti, pochi da principio, parecchi
in progresso, onorando l'Esercito, o fuori
di esso anche per militare scienza eran chiari,
o cultori di Lettere; Pietro Ulloa, Andrea
de Angelis, Luigi Blanc, il Colonnello Domenico
Puccemulton, Mariano d'Ayala, Francesco Sponsilli;
e de' tuttora viventi, oltre ad Antonio Ulloa,
fondatore dell'Antologia, il Barone Giuseppe
Parrilli, i Generali Mezzacapo, Cosenz, Girolamo
Ulloa, il Colonnello Giuseppe Novi, e più
altri. Autorevoli giornali d' Italia, ne fecero
tantosto lodevole menzione, tra cui dopo il
Progresso di Napoli gli An¬nali di Statistica
di Milano. E più oltre n'andò
lo Spettatore Militare di Francia. L’insigne
Direttore Noirot diresse ni compilatori dell'Antologia
l'onorevole invito di darsi nella periodica
pubblicazione l’analisi di ciascun volume
dello: Spettatore. E, più tardi, una
medaglia di oro fu per ordine della Regina
de' Francesi, moglie di Luigi Filippo, graziosamente
coniata per uno de’ più solerti
collaboratori, Andrea de Angelis, per aver
letto, si dicea nel regale ufficio, col maggior
diletto coteste apologetiche pagine della
sua patria. E, si ebbe, per la stessa Antologia,
il generale Ulloa, l'ordine di S. Ladimiro
dall'Imperatore di Russia, una Medaglia d'oro
dal Re, Luigi Filippo, e più tardi
la legion d' onore da Napoleone III; e l'Accademia,
de' Georgofìli di Firenze il volle
a suo socio corrispondente. Gli vennero poscia
accrescendo desiderio al lavoro, e a nuovi
libri, come dirò, le laudi di Cesare
Cantù, e segnatamente dell'Arciduca
Carlo, l'emulo di Napoleone I, e tra i primi
per avventura, che con studii e scritti nuovi
l'arte di guerra inalzava a grado ed onore
di scienza (1).
(1) I principii della parte sublime della
guerra on esempi pratici per l'istruzione
de' Generali Austriaci. Vienna 1808 - I principi
di Strategia applicata alla campagna del 1796
in Germania e nella Svizzera, Vienna 1819.
XlV. L'ordine de' Santi Maurizio
e Lazzaro, di che avealo pel fatto stesso,
nel 1842, insignito il Re Carlo Alberto gli
porse il destro, anche per volere del proprio
Re, di conoscere il Piemonte, con mandato
di osservarvi i militari ordinamenti, e riferirne
poscia, al suo ritorno in Napoli. Ivi accolto
da Carlo Alberto con la non comune cortesia,
tradizionale di Casa Savoia, particolarmente
vi conobbe ed ammirò il Duca di Genova.
E vollero amendue, il Re ed il Duca, ch'egli
liberamente vedesse ciò, che potea
avere attenenza a militari opere; invitato
più volte al campo di manovre, alle
pruove de' cannoni Cavalli, e a quelle delle
nuove costruzioni di artiglieria di campagna.
Osservò gli arsenali, le armerie ed
i militari instituti. E si ebbe la felice
congiuntura di estimar più da presso
i pregi d'animo del Conte Annibale Saluzzo,
precettore de' Principi, e fratello dì
Alessandro, autore della Storia Militare del
Piemonte, già pubblicala. Dal Conte
Cesare, Balbo, con cui gli fu dato stringere
amistà, egli potè riposatamente
udire ciò che nel suo Sommario della
Storia d'Italia l'insegne uomo avea narrato
di quei fatti, ch'ei notò, ricorrendo
il passato secolo; ovvero che sia, che, progredendo
Napoli sotto Carlo III sopra modo in civili
ordini, ne’ militari arrestavasi il
Piemonte, per la novissima alleanza di Francia
e di Austria nella guerra de' sette anni contro
la Prussia; la quale davagli pace sì,
ma sviavalo da certa militare operosità,
stata vitale per le sue fortune. Le militari
condizioni, nel 1842, eran nondimeno quali
si convenivano a piccolo Stato, aspettato
a future lotte con Casa d'Austria. In quello
che in Napoli, nulla ostante tanti moti e
casi diversi, vuoi certe prime opere di Ferdinando
I., o i decenni ammaestramenti de' Francesi
ne' primi anni del secolo, o le feconde instituzioni
del quinquennio, dal 1815 al 1820, interrotto,
dalla sopra avvenuta. militare rivoluzione,
o per l'indole stessa di Ferdinando II, che
costantemente si tenne men Austriaco che Francese,
o in fine per le più larghe condizioni
economiche del Reame, ogni maniera, di militari
opere era più inoltrata.
Più eletto serbavasi l'ufficialato
in Piemonte, per trarsi colà, specialmente
dall'aristocrazia, rimasta men tocca, dopo
il 1815, dal nuovo codice Napoleonico, che
Napoli avea accetto De' nobili Napoletani
supplì in alcun modo a, mantener desto
nell'Esercito certo tradizionale militari;
spirito la. Compagnia delle Guardie del Corpo,
che Carlo III primo instituì, la Real
Paggeria fin al 1824, e non di rado il Militare
Collegio. Il Re Carlo Alberto, in ogni modo,
che presentiva ciò che gli mancava,
nell'accomiantarsi il Generale Ulloa, gli
disse: Riferite al vostro Re, che io sono
tra gli ammiratori della sua buona e numerosa
marina di guerra. (1) E fu vaticinio. L'apparizione
nell' Adriatico delle navi Napoletane nel
1848 modificava istantemente la situazione
di guerra con l'Austria; per essersi il nostro
Raffaele de Cosa, serbato dinanzi a Venezia
con militare accorgimento ed ardire, che mancò
posteriormente al Persano nelle acque di Lissa.
(1) Memorandum a S. M. il Re – Napoli
8 gennaio 1813.
XV. Non ha rilievo la militare
storia del navilio Napoletano, fuor che sotto
la signoria de' Borboni. Durante la vicereale
dominazione non avea lo Stato che poche vecchie
galere ed altrettanti sciabecchi. Vi avea
un nautico instituto, il Collegio di S. Giuseppe
e Lucia, fondato in riviera di Chiaia da un
benemerito uomo, col proprio denaro, nel 1648,
Cesare Guadagni. Ferdinando VI di Spagna mandò
a Carlo III, suo fratello, due fregate da
40 cannoni; altra se ne comperò dalla
Compagnia delle Indie; e si ristorarono le
vecchie, galere e tre sciabecchi. Si fondò
al 1738 nell'Arsenale una Scuola di Marina;
e v'entrarono parecchi figliuoli di nobili.
Acquìstaronsi più tardi da'
Cavalieri di Malta due vascelli da 69 cannoni.
Ferdinando I, minorenne, con allato Bernardo
Tanucci, migliorò 1'opera, dell'insigne
padre. L'Irlandese Giovanni Acton n'era vice-ammiraglio.
Fu ampliato il cantiere di Castellammare di
Stabia; e, vi si costruirono, in brieve giro
di anni, sei vascelli da 74 cannoni, sei fregate
da 60, sei corvette da 24, otto galeotte ed
ottanta barche cannoniere. Furon fatti venir
cannoni di Svezia, le cui fonderie erano allora
in gran rinomanza. Nel 1784 una squadra Napoletana
prese parte nella spedizione contro Algieri.
Tra le memorie della presa di Tolone non meno
importante degli alleati Inglesi, Spagnuoli,
Portoghesi e Sardi va segnalalo il Napoletano
navilio. Van ricordati parecchi nomi, tra,
cui Spannocchi, Correale, i due fratelli de
Cosa ed altri. E la navale campagna della
squadra Inglese la stessa state a Tolone,
di cui facean parte i Napoletani, per ardite
manovre, al Capo Noli dava storica celebrità,
a Francesco Caracciolo, del ramo Brienza,.
I sopraggiunti moti del 1799 nella maniera
che aveano interrotte le civili opere iniziate
da Carlo III e proseguite da Ferdinando I,
medesimamente, i militari ordini e navali
distrussero. Il Napoletano navilio, sotto
il pretesto di non potersi menar salvo in
Sicilia, fu arso da quegli stessi, che non
guari aveanlo avuto ad ausiliario.
Le poche di esso reliquie, ancorato a Messina
dal 1800 al 1806, furono con gl'Inglesi al
blocco di Malta, e di Genova. Non poté
il Francese governo in Napoli nulla fare di
durevole per altro comporne, tuttoché
vi avessero chiari uomini, Giovanni Bausan,
Giuseppe e Raffaele de Cosa, ed altri. I moti
del 1820 ne interruppero pur 1’opera.
Incuria de' Ministri del tempo, ed anche scoramento
di ufficiali più tardi, al 1829, pe’
fatti di Tripoli, non poco nacquero a ricominciar¬ne
il compimento. In piena, dissoluzione, di
tutto sfornito, alla morte, di Francesco I
non vi avea pure una sol nave a vapore. Era
serbato a Ferdinando II di vedere nel risorgimento
dell'armata navale Napoletana, da esso lui
promosso, l’apparizione nel 1833 d'un
primo navilio, che congiunto ad altro del
Re di Sardegna, minacciando Tunisi, dava al
Reame quel trattalo di commercio, che un Decreto
degli 11 giugno 1834 pubblicava. Gli era pur
serbata la sorpresa non guari dopo, al 1848,
di veder combattuta, ammiraglio un Raffaele
de Cosa, nel suo passaggio per lo stretto
di Messina, la squadra che s'avviava, nell'Adriatico
per la guerra d'indipendenza Italiana, da
quegli stessi, che millantavansi di volere
indipendenza. Ed era fatato al Figliuolo successore
di raccorne in retaggio nel travagliato anno
di suo Regno, al 1860, il morale sterminio:
la codarda diserzione de’ più,
che 1'augusto Genitore avea colmi di benefìzi,
e sperato d'innobilire (1).
XVI. Né in all'un modo prosperosi in
pace gli stessi ordinamenti dell'Esercito
dopo il 1820. Noverava il Reame nel 1830 non
oltre 34,000 uomini, compresi gli applicali
al militare navilio. Pochi eccetti tra coloro,
che avean seguiti la Dinastia in Sicilia,
a' primi moti del secolo, vecchi i più
e ben guiderdonali, mal vedeano i non pochi
mutamenti, e gli uomini nuovi dal Re aggiunti
a rifar l'Esercito. E dier fuori una specie
di protestazione con firme, che la Storia
registra, e che il Re non curò; tanto
sul non ancor turbalo suo animo da' posteriori
rivolgimenti potea, la luce del merito, ed
il proposito di giovarsene per la Monarchia.
e pel paese. Un consiglio di Generali, tra
cui Carlo Filangieri, stabiliva il nuovo organamento
dell'Esercito. Il quale per decreto del 31
dicembre 1832 venne in progresso crescendo
sì che al 1859 noverava 91,650 uomini,
10,789 tra, muli e cavalli, 24 batterie di
campagna e di montagna, un parco d’assedio,
due diversi equipaggi di ponti da guerra,
con riserva di 51,000 uomini tra fanteria
litorali artiglieri. Vi eran fortezze, batterie
da costa, arsenali, armerie, e fonderie per
grossi cannoni di bronzo e ferro,e tutte più
o men provvedute o fornite.
Avea il militare navilio 2 vascelli, 5 fregale,
1 corvetta, 5 brigantini, 1 goletta, 2 bombardiere,
ed altre minori navi, e tutto a vela. Navi
a vapore erano 11 fregate, 5 corvette, brigantini,
ed altro di minor conto, con cantieri, il
bacino di Napoli, e lo stabilimento di Pietrarsa,
che poco o nulla lasciavano a desiderare.
E tutto ciò in poco più che
venti anni di lavoro, con la soluzione, di
malagevole problema, cioè di non aggiunger
tributi o gravezze di sorta a' popoli;
anzi al 1847 si scemò il prezzo de'
sali. Vi avean risparmi, men da rigori di
parsimonia suggeriti che da equa e paterna,
amministrazione ne' civili come ne' militari
ordini. Il bilancio consuntivo di Guerra e
Marina, che al 1835 si era per l'Esercito
di 0,907,074 ducati e per l'Armata di 1,339,000,
in tutto 8,347, 074 ducati, non superò,
in successo di tempo, mai per nuove spese
i 10 milioni dì ducati.
I bilanci preventivi e consuntivi di tutto
il Reame dier sempre utili risparmi, fuor
che al 1850, nella guerra d’Oriente,
per casi che potean sopravvenire, il generale
bilancio dello Stato potè mostrane
un lieve aumento. Son cifre, il cui rigore
vince ogni forza, e la storia segna men a
laudi, de' passati, che a stigmatizzare quegli
Stati, dove i principi di morale e di algebra,
secondo la scuola de' pensatori ed economisti
Napoletani, van manomessi, e nullamente applicati
alla Pubblica e privata Economia (1). Fare
opere con moltiplicar balzelli, anche in urgenti
fatti, è precipitato espediente economico.
In disutili o fantastici l'è spreco,
quando pure non lo si vuol dire ufficiale
sistema di comunismo armato.
(1) Una dotta ed elaborata
Memoria manoscritta intorno al Militare Navilio
Napoletano, autore il Barone Giuseppe Parrillo,
già chiaro per altri pregevoli lavori
pubblicati, si conserva presso il Generale
Ulloa.
XVII. Ripigliando l'interrotto filo degli
studi dell'Ulloa, trovo, che, pubblicati nell'Antologia
parecchi e gravi articoli intorno a storici
avvenimenti, e particolarmente di militari
fatti Napoletani, un più argomentoso
scritto, sottosegnato da un ufficiale di artiglieria,
avea principalmente tocco l'animo del Re,
assiduo leggitore oramai di ciò, che
vi si andava inserendo (2). Ad affrancare
l'Esercito Napoletano da ingiurie di viltà
in guerra, apposta loro da stranieri, specialmente
dopo i disastri del generale Mach, e per i
casi vari de’ pubblici moti nel volger
de' tempi, facea d'uopo, che una storia de’
guerreschi fatti, delle fortune e de’
travagli ne sbugiardasse le accuse, o per
lo meno i precipitali giudizii (3). I concetti
in tanto del nuovo scritto non erano ignoti
al primo redattore dell'Antologia. Sin dal
suo entrare in giovanezza, non digiuno e vago
di storielle, discipline, ed anche sospintovi
per avventura da ciò che avea trovato
nel Collctta , che pensava di pur dettare
una Storia delle Milizie Napoletane, s'era
egli da lunga mano ingegnato di far tesoro
di tutto che avesse potuto collegarsi a storia
militare di Napoli; e di che pure avea parecchi
saggi già dati nell’Antologia.
Comparsa nel 9.° volume 1840 L’idea
d'una storia delle milizie delle Sicilie,
il Generale Ulloa, allora Capitano di Stato
maggiore, fu tosto del Re confortalo di non
tenersi solo allo storico periodo da Carlo
III a' suoi tempi; ma di porre mano più
in alto, cioè da Ruggiero. E stavagli,
aggiungea il Re, tanto più a cuore
una storia militare del Reame, dopo la Civile
del Giannone e la già pubblicata intorno
alle Finanze del Bianchini, in quanto che
vedea in Italia il Piemonte avere oramai la
sua (1). Si aggiunse al 1839 la venuta in
Napoli dell'Arciduca Carlo, che gli porse
la felice congiuntura di ammirare più
da presso il celebre Uomo, e di averne anche
da lontano luminosi ammaestramenti. Le fonti
per tanto dond'ei polea agevolmente cavare
le più riposte notizie, e quindi comporne
le più corrette opinioni, gli furon
tantosto dischiuse. Gli archivi de' Ministeri
e di Corte, nell’Ufficio Topografico
e le già contratte e cresciute attenenze
con prestanti uomini del tempo, gli furono
più larghi studi ed espedienti nuovi
a venir punto punto meglio coordinando il
grandioso e difficile lavoro. A cui si applicò
con tenacità di propositi; provata
oggimai da incontestabile testimonianza di
(9) nove Volumi Manoscritti, e di (15) quindeci
a Pruove di stampa, per agevolezze trovale
nella Tipografìa della Guerra, e più
ancora nell'Ufficio Topografico, fornito di
egregi uomini e d'ogni maniera di valenti
artisti; pe' quali poté egli i lavori
vedere iniziati per le Carte Militari delle
provincia continentali e di Sicilia; le Carte
Topografiche delle battaglie, di Benevento,
Tagliacozzo, Bitonto, Velletri e Macerata;
non che quelle per gli assedi di Gaeta del
1707 e 1806; per la presa di Messina del 1718,
e del 1848.
(1) Francesco Fuoco, Saggi
Economici, Pisa 1825.
(2) Idea d'una storia delle milizie delle
Sicilie da Carlo III. a FerdinandoII. Vol.
9. 1840.
(3) Nel 1856 nuove accuse contro i Soldati
Napoletani eran pubblicate dal giornale inglese
il Morning-Post; e ripetevale il Debats del
10 dicembre 1856. Ed il Generale Ulloa rispondeva
in particolare opuscolo, che ebbe due edizioni,
e venne commendato e riprodotto da non pochi
giornali Italiani e Francesi.
XVIII. Molto innanzi al 1830
parecchi scrittori di scienza e fatti di guerra
noverava l'Italia: Grassi, Vacani, Delaugier,
Racchia, Gridis, ed Alessandro de' Conti Saluzzo;
e più tardi nel medesi¬mo Piemonte
Carbone, Arnò, Luigi e Zenone, Quaglia,
Annibale de' Conti Saluzzo, e Giovanni Cavalli.
In Toscana un Perrelli Biondi; nello Stato
Pontificio P. Roselli; ed Andrea Zambelli
di Pavia nel 1837. Ed in Napoli dopo un Sanchez
de Luna, un Santacroce, il Marchese Giuseppe
Palmieri, Giuseppe Parisi, Francesco de Angelis,
Angelo d'Ambrosio, Francesco Costanzo, un
Pignatelli Strongoli, Ferdinando Visconti,
il Generale Rossaroll, Luigi Ricci, Pietro
Colletta e più altri, eran venuti un
Descamard, Raffaele Niola, Leonardo Cacciatore,
Vincenzo degli Uberti, Luigi Scarambone, Ballerini,
Filippo Pagano.
Facea mestieri per tanto di raccorre, ciò
che variamente storici d'altri Stati d'Italia
e d'altra età avean narrato, e tutto
venir coordinando ai militari avvenimenti
di Napoli e di Sicilia. Era d'uopo, per essere
i secoli consumatori e produttori di civiltà
nuove, e per esser tutto collegato, ingegnarsi
di toccar, in preambolo, delle remote guerre
de' primi popoli dello Sicilie, segnatamente
de' Sanniti, de' Marsi, de' Siracusani, degli
Agrigentini, ed in successo di tempo delle
tre repubbliche di Napoli, di Amalfi, e di
Gaeta, che tante fatiche diluirono a nettare
le sponde della Campania ed i mari da' Saraceni.
In secoli men oscuri descrivere ciò
che di memorevole potean dare i fatti e casi
di guerra sotto la signoria de' Normanni,
degli Svevi, degli Angioini, degli Aragonesi,
e sotto le varie tirannidi de' Vicarì;
condannati spesso i Napoletani sotto straniere
insogne a tingere di lor sangue, senza gloria,
i campi dì Lombardia, di Catalogna
e delle Fiandre. Più ampia e feconda
mostravasi l'età di Carlo III, che
ristorò tanti ordini, e diè
la prima volta all'oramai indipendente Monarchia
proprio esercito e permanente. Le guerresche
fortune de' Napoletani sotto i successori
s'ebbero fasi diverse, per diversità
di pubblici moti, di cause di guerre, di dominazioni,
e di forme pur anco, sotto un medesimo principe,
di civile reggimento.
(1) Historie Militaire du Piémont.
par le Comte Alexandtre de Saluces, Turin
1818.
XIX. Infaticabile in ciò,
che potea onorare la Monarchia ed il paese,
non restava l'operosità dello storico.
A cui si eran allo scrivere nuovi conforti
aggiunti, singolarmente per la contraila amistà
col Generale Wagner, Prussiano, che tra gl'illustri
scrittori di scienza ed arte di guerra volle
e seppe, con preclari scritti dopo il 1831,
inalzar la gloria de' suoi compatrioti, che
già avean Jena vendicata con le battaglie,
che fermarono la pace del 1815. Per lo che,
oltre più remoti fatti di guerra, invasioni,
conquiste, assedi, la disgraziata campagna
del 1798, il sanguinoso ingresso in Napoli
di Championnet che tanto rivela il coraggio
de' Napoletani (1), ed altro via via in sino
all'età nostra, egli trovò modo
di tutto venir documentando, senza tenere
ira nè parte; che se scontorcono nelle
politiche storie la faccia del vero, più
dannose ne' guerreschi racconti risulterebbero
allo spirito militare. Si è la scienza,
od il coraggio, che danno la vittoria, e non
la moltitudine scrisse il Guibert; e fu l'epigrafe
da lui posta a' venti volumi dell'Antologia.
La sua Storia Militare del Reame di Napoli
ne ha pur altra, ch'è fiore d'ammaestramento
e storia anch’ella, tolta da Mario Pagano.
Tutte le virtù adornano le nazioni;
ma la virtù, che più splende,
sta ne' campi. Il senno, 1'eloquenza, l'ingegno
avanzano gli Stati: il valore guerriero li
conserva. I governi de' primi popoli erano
rozzi, ignoranti, barbari, ma durevoli perchè
guerrieri. I governi di civiltà corrotte
presto caddero, benché abbondassero
buone leggi, statuti, oratori, tutti i sostegni
e gl'incitamenti alla virtù; ma gl'incitamenti
avean tollerato, che, le armi cadessero.
(I) Accennerò pochi
brani appena della relazione eloquente del
generale Championnet al Direttorio Esecutivo
« Quartiere generale di Napoli, il 5
piovoso, anno VII, (21 gennaio 1799). «Vi
annunzio che l'Esercito Francese occupa Napoli
e tutti i suoi forti. Tre giorni di Consecutivi
combattimenti sono appena bastati por sottomettere
l'immensa popolazione di questa città,
sostenuta dagli avanzi dell'Esercito Reale,
che vi stavano uniti.... L'Esercito (Francese)
si slancia; attacca con furore; è ricevuto
del pari. Non mai combattimento fu più
accanito; non mai quadro fu più spaventoso.
I lazzari, questi uomini maravigliosi, questi
reggimenti Napoletani, avanzi dell'Esercito,
sono altrettanti eroi rinchiusi in Napoli.
Si combatte in tutte le vie; il terreno si
contrasta palmo a palmo; i capi si serbano
intrepidi. Li fulmina il forte di S. Elmo;
la terribiele biaionetta li rompe; si ripiegano
in ordine; ritornano all'attacco, s'avanzano
con audacia, spesso guadagano terreno......
Io sperava, che il terribile esempio della
vendetta francese li avesse forzati a domandar
quartiere. Nulla di ciò: scaramucciano
tutta la notte, moltiplicano gli attacchi,
ed aspettano con coraggio la mossa delle colonne
Francesi ». (Documento rinvenuto e serbato
dal Generale Ulloa)
XX. In tanto correnti di nuove idee si succedeano,
occupando gli animi. Al pacifico progredimento
di libertà nuovo surrogavansi moti
e subugli. Ingrossavano i tempi. Cessava l'Antologia
Militare, al 1847; e nuova materia ed ampia
si apprestava allo storico. Quello che le
milizie Napoletane fecero da prima in Calabria
e Messina; i fatti d'arme seguiti di qua e
di là dal Faro; il militare comando,
che in Palermo esercitò il Generale
Roberto de Sauget; il di costui integrale
carteggio col Re insino alle posteriori opere
di Carlo Filangieri, che il surrogò
a ricuperare la Sicilia; in fine ciò
che i Napoletani al 1848 fecero sul Po; il
loro ritorno; la contemporanea presenza, del
Napoletano navilio nelle acque di Venezia,
e altrove, congiun¬tamente alle navi Sarde;
dovea tutto ciò aggiungere argomento
nuovo e fecondo agli studi del Generale Ulloa.
A formarsi in fatti un corretto giudizio degli
uomini e de' tempi non si ha che a ricorrere
i raccolti ed i più riposti documenti
men casualmente che provvedutamente capitati
allo storico. Quanta materia pur a' civili
storici: quanti mutamenti di fede, di opinioni
e di fortune; quante virtù punite;
quanti calcoli, autrice la codardia, estimati
insegnamenti, e, ciò ch'è peggio,
propositi di libertà nuove e pruove
di patrio amore!
XXI. Dal 1830 al 1845 le due politiche, del
Reame di Napoli e del Piemonte, più
congiunte per le nozze di Maria Cristina di
Savoia con Ferdinando II, ivan d'accordo;
ed assopite con l'Austria parean tulle specie
di rancori. Sopraggiunto il 1848, dopo il
15 di maggio in Napoli, dopo Novara del vegnente
anno, esule e scomparso il Re Carlo Alberto,
trucidato in Roma Pellegrino Rossi, raminghi
gli altri Principi d'Italia, men da indigeni
che da strani venturieri travagliata la Sicilia;
da rinascenti intemperanze di piazza, e particolarmente
da cospirazioni disconfessate nel frangente
per non sentirne l'opportunità o meglio
la giustizia gli autori, e millantata poscia
fuori pericolo al 1860; 1'animo del Re parve
oggimai sviarsi dal proposito di progredire
in riformagioni, e poco men si scurò.
È storico ufficio, scalzando uomini
e tempi, rivelarne i carichi, a cui spettano
e il danno sopravvenuto. La morte non ha dato
all'ultimo de' grandi storici Italiani, Cesare
Balbo, di essere egli stesso, men presso i
contemporanei, che poco o nulla rileva, quanto
presso gli avvenire, 1'inappuntabile testimone
di ciò ch'ò venuto man ma.no
a frangere novissimamente 1'antico filo delle
storiche aspirazioni d'Italia; che nacque
ed i secoli collaborarono a ricomporre federale
(1). Ed è qui pregio di rammemorare
tanto nome, per leggersi, segnatamente nella
postuma appendice del sapiente Sommario frammenti
di lugubri vaticini, pur troppo avverati,
di mali voluti da pochi, dai più tollerati,
patiti da lutti.
XXII. Prologhi al dramma, che più tardi
dovea venir fuori dopo il trattato di Parigi,
e la partenza degli ambasciatori Francesce
ed Inglese da Napoli, furono gli sbarchi di
Sapri al 1857; e, dopo tre anni, di Sicilia
e di Calabria, preparati in porti stranieri,
e pe' mari del Reame eseguiti in grosse navi
a vapore sotto la scorta e all'ombra d'insegne
Sarda, Francese, Inglese ed Americana (2).
II Debito Pubblico, trovato da Ferdinando
II. a 73, asceso in propresso a 119 e più,
cominciava per temute novità a scemare.
Diminuivano i commerci; chiudeansi i capitali;
cresceva il cambio; e di quel tesoro, che
la Prussia, ora Germania, dice di guerra,
e Napoli potea pur dire di guerra e di nazione,
ch'erano i Banchi, la Cassa d'Ammortizzamento,
e tutte specie di Economici Depositi, costante
studio ed opera del Governo di Napoli, la
Rivoluzione cominciò man mano a giovarsi,
con meditato appello ad ogni maniera di passioni,
o vuoi cupidigie di venturieri; che pur soddisfatti
non restano d'altro appetire; per cui disutile
il tesoro di chi regge a sfamar tanti, ed
impotente in governamento instabile ogni legge
a contener ed ordinare ciò che va sconfinato
e violento. Ed ormai, nel frangente, dopo
la morte di Ferdinando II, in non cale o violate
dottrine antiche e principi di pubblico diritto,
ed altro prevalendo, la Monarchia di Ruggiero,
di Federico di Svevia, di Renato d'Angiò,
d'Alfonso d'Aragona, e di Carlo III di Borbone,
dopo otto secoli e più, ne' suoi cardini
venia peggio che tradevolmente rosa. E, per
essere come i corpi ad epidemie, gli uomini
altresì esposti a contagioni d'idee,
sopra modo il Militare navilio n'era sciaguratamente
colpito; salvo ardita mano di Marinai-cannonieri,
venuti in Gaeta senz’altro consiglio
o comando, che il suggerito loro da invincibile
stimolo di fede al Re, o da già preceduta,
luce d'insigni esempi; il Vice-ammiraglio
Leopoldo del Re, il Capitano di vascello Roberto
Pasca, ed i Capitani di fregata Ruggiero Besia
e Raffaele Criscuolo, ormai al loro posto
d'ufficio e d' onore.
(1) « La vera ricostituzione dell'Italia
comincerà con l'era federale.»
Giuseppe Ferrari, Ottobre 1860. Alti Ufficiali
della Camera.
(2) II Cagliari, il Fulminante, l'Utile; l’Amazone,
il Pausilippe; il Blackwel, l'Amsterdam, il
Washington; il Franklin, ed altri. Il di 10
maggio 1860 si partiva di Genova il vaporo
Inglese Eagle con 512 volontari, imbarcandone
altri 115 a Livorno, con 62 casse di munizioni,
ecc, ecc.
XXIII. E v'ha una lugubre
striscia di sangue da Marsala a Messina, ed
altra di più rilievo da Capua a Gaeta,
amendue segnanti 1'infortunata, l'ostinata,
e, meglio dirò, gloriosa agonia del
primo Reame in Italia. Verrà la militare
storia sponendone i fatti, non assottigliando
a' Napoletaui caduti il tributo di laude,
che loro si dee, se vuole esser debito la
militare fede, e storico il diritto per cui
combatteano. I Generali sortiti, i brani dell'Esercito,
il crescente numero di disinganni pari al
coraggio montante, il finale assottigliamento,
l'ostinata fede (1), il singolare slimolo
a nuovo ardore nello esempio del proprio Re;
gli è questo il grave subbietto degli
ultimi libri del Generale Ulloa al cadere
della Monarchia. Non più, come per
lo innanzi, lontano spettatore: d'altri certami
e d'altri assedi: Direttore di Guerra sin
dagli 11 settembre 1860 in Gaeta, egli fu'
oculare testimone di ciò ch'è
venuto poscia descrivendo.
Nei rimasti sotto le giurate insegne egli
ha veduto ripetersi le virtù stesse
e le sventure de' Napoletani caduti a Benevento,
a Tagliacozzo ed altrove; ed i cinque Generali,
in men di quattro mesi spenti dalla battaglia
del Garigliano alla capitolazione di Gaeta,
Riccardo de' Sangro, Emanuele Caracciolo di
San Vito, Francesco Ferrara, Francesco Traversa
e Mattdo Negri, gli si son nostri cavalieri
e soldati degni di onorar di pari fede, di
pari abnegazione, di pari cuore in morte,
anche altri Re, altri Stati, altri Eserciti,
ed altre età (2).
(1) Obstinatio fidei —Tacito.
(2) Ai Duchi, Riccardo de' Sangro ed Emanuele
Caracciolo di San Vito, hanno non guari gli
egregi figliuoli posta lapidea Memoria nel
Duomo di Gaeta. In forma più modesta
han reso lo stesso ufficio al Generale Ferrara
nel Duomo medesimo la veneranda vedova ed
i figliuoli. A Francesco Traversa niegando
la povertà de' suoi di far lo stesso,
come anche a tanti altri minori in grado,
glielo compie la Storia. Intorno a Matteo
Negri trovo nel militare archivio del Generale
Ulloa il documento ch'è qui acconcio
di rammemorare: « Ordine del Giorno
, Gaeta 31 ottobre 1800. « Soldati!
Alla destrezza e più ancora alla bravura
dogli artiglieri va dovuta la gloria del felice
combattimento di ieri l'altro sulle sponde
del Garigliano.
Ma la gioia del trionfo veniva amareggiata
dalla morte del giovane valoroso ed intelligente,
Brigadiere Matteo Negri. Il quale, toccato
una prima ferita in ufficio di comando, volle
tuttavia, per nuovo ardor bellicoso, discendere
al più semplice di artigliere; e, puntato
un cannone, nuovamente percosso, cadeva.
L'Augusto Re, Francesco II, ha ordinato che
si s'innalzi al prode defunto tal Monumento,
che ne ronda durevole il nome ad esempio di
quanti sono o verranno nella difficile, ma
pur gloriosa carriera dello armi. Questo Presidio
rendea oggi con piena pompa militare gli ultimi
funebri onori allo estinto. E l'Esercito alla
nuova di tanta perdita comprenderà,
che se di sì alta, speranza e pruova
di Generale vien privo, gli è debito,
nel farne lutto, di onorarne il nome e la
memoria.»
Il Direttore della Guerra Firmato —
ANTONIO ULLOA.
XXIV. Dopo il Congresso di Parigi, al 1850,
i politici intendimenti di Palmerston e di
Napoleone III, precipuamente su Napoli e Roma,
sempre più fortunando, i loro Ammiragli
nelle acque di Gaeta avean impassibili veduto
nelle estreme lotte d'uno Storico Diritto
con rivoluzione stranamente ausiliata le arsio¬ni
d'una Piazza, abbandonata alla virtù
e solo coraggio de' suoi difenditori. Francesco
II intanto, compiuto da Re e soldato un alto
debito ed illeso uscito da tra mezzo le ultime
macerie, stato non guari ardito giovane ne'
pericoli, maturo oramai e co¬me vecchio
rendendolo di fortuna i rigori, sin da' primi
silenzi del comincialo esilio in Roma cominciò
a vie più munirsi e vivere di nuovi
studi e di memorie. Nel tempestoso anno di
regno, tra i molti, che gli si sarebbero in
prosperità mostrati devoti, s'ebbe
al suo cadere l'opportunità di conoscerne
parecchi: onde solo estimò diserbar
quindi innanzi consiglieri e compagni i più
di provata virtù, noti al Reame, ed
alcuni anche fuori per fama di studi. Io recito
lugubri frammenti di storia; ricordo infortuni;
favello di caduti; e pur troppo, per non poter
altro rendere la sepoltura che sensi di verità
e di rispetto, m'è lontana ogni cagione
di parte. La Storia militare, che vuole avere
pochi e più rigidi principi, registrerà
i nomi del Vice-ammiraglio Leopoldo del Re
e del Tenente Generale Francesco Casella,
ambo prescelti Ministri in Gaeta. Ed insignemente
verrà l'ultimo commendando, per essersi
nel ruinoso frangente, e nella scura incertezza
d'ogni caso, grave di anni ed infermo, ma
forte di sensi di militar fede e di onore,
tratto, dov'era più imminente il pericolo.
E la contemporanea Storia per altri pregi
non tacerà di due Ministri, or pure
defunti.
Il Barone Antonio Winspeare (fratello di Davide,
che, Maggiore di Artiglieria e capitolalo
di Gaeta, ora milita, Generale negli Eserciti
Russi, e ricorda quel Roberto Winspeare, anche
Napoletano, uffiziale di artiglieria in Napoli
al 1806, e poscia Tenente Generale sotto le
stesse insegne Russe, venuto in gran pregio
nelle maggiori guerre del tempo, sul Pruth
e sulla Senna; dove il 30 marzo 1814, sotto
Parigi, da ultimo proietto lanciato avea tronco
il sinistro braccio) Ministro di Napoli a
Torino nel 1860, aveala, dopo memorevole protestazione,
lasciata, e posposta a Gaeta, quando non era
più dubbio il deciso e soprastante
assedio.
Un pronipote di Adriano Ulloa, primo Duca
di Lauria, Presidente del Sacro Regio Consiglio,
ed in tale estimazione presso G. B. Vico,
che il nomava il Solone del Napoletano maestrato,
il discendente di tant' uomo, Pietro Ulloa,
dopo un secolo e più, al retaggio del
titolo, degli studi e dell'ingegno aggiungendo
gran varietà d'insigni scritti, Ministro
del Re a Gaeta, il seguitava esule in Roma.
Dove Francesco II non inoperoso, dopo i Diplomatici
atti fatti pubblicare in Parigi (1), commettendo
ad ufficiali il Giornale della Difensione
di Gaeta, e Memorie intorno agli ultimi fatti
di Messina e di Calabria, e sempre confortando
il Duca di Lauria a nuovi scritti, i più
già messi a stampa (2), ordinava di
darsi in luce tutto ciò, che riferiasi
a' militari avvenimenti di Sicilia, dal 5
aprile al 18 maggio 1848 al 18 maggio del
1861. E, poiché noi 13.°, 14.°,
e 15.° volume dell'inedita Storia Militare
mancavano gli anteriori fatti di Sicilia,
l’edito in Roma venne a formare il volume
duodecimo. Ed il Generale Ulloa intanto s'applicava
ad ordinare in quattro volumi manoscritti
rilevante carteggio Francese ed Inglese, in
cui figurano non ignoti nomi; Niel, Pelissier,
Berryer, Grammont, Napier, Rokeby, Palmerston
e più altri. E, tenace nel proponimento
di raccorre lutto quello che in contemporanei
fatti giovar potea a storici studi, davasi,
e tuttora continua, a ricerche di scritti
e di documenti formanti sin oggi un insieme
di oltre a 94 volumi Miscellanei, che accrescon
pregio alla sua modesta Biblioteca.
(1) Gaete—Documents
Offìciels—Paris 1861.
(2) Della Vita e delle Opere di Pietro Ulloa
per Carlo de Cesare — Bari 1852.—Gli
scritti pubblicali dal 1860 sin quasi al giorno
della sua morie nel 1879 sono:
Delle presenti condizioni del reame delle
Due Sicilie. Vol. 1, Italia 1862.
Lettres Napolitaines. Vol. 1, Roma, 1863.
L'Union et non pas l'Unitè d'Italie,
Paris.
L'Abdication, le Partage et la Fédération
d'Italie. Italie 1868.
Les Previsions de Gaete et les Promosses d'Ancone.
Italie 1869.
Lettres d'un Ministre emigré: suite
aux Lollres Napolitaines. Marseille 1870.
Della Sollevazione delle Calabrie contro i
Francesi. Roma 1871.
Marie Caroline d'Autriche et la conquete du
Royame de Naples en 1806. Paris1872.
La Duchessa di Biccari e di Airola. Napoli
due secoli addietro— Palermo 1872.
Di Bernardo Tanucci e dei suoli tempi—Napoli
1875.
Di Carlo Filangieri nella Storia, dei nostri
tempi. Napoli 1876.
Intorno alla. Storia del Reame di Napoli di
Pietro Colletta—Annotamenti—Napoli
1877.
Di Angelo D'Ambrosio Tenente Generale —Napoli
1878
Opere Inedite
Storia di Napoli 4 vol.—Ricordi - 1
vol..
XXV. In stagione di disinganni pur frammisti
a residuali furori di passioni potenti; affogati
principi e dottrine, per cui popoli e nazioni,
mouarchie e repubbliche si tradussero a retto
viver civile, e lungamente vi si mantennero,
gli è cittadino ufficio salvar da smarrimento,
con ridestarne ricordo, le reliquie, se ne
avanzino, di maestà antica. Io fo dunque
voti, che gli storici studi tornino in onore
nella patria mia, anche per la più
luce che ne verrebbe ad affrancar da incuria
o peggio, certo essenziale culto dovuto alla
memoria dei passati. Se contemporanei interessi
uccidon vivi, gli è la stria, che a
sua volta ne li risveglia, nel modo ch'ella,
giustizierà implacabile, ha pur forza
di riuccidere i morti. Erodoto, recitando
per le pubbliche vie di Grecia le sue storie,
preparava Tucidide. Una Società Napoletana
di Storia Patria, da non guari constituita,
si è di tutte le Associazioni appo
noi promosse la più acconcia, la più
salutevole a ridestare e vie più innobilire
le memorie di Napoli, che di storia e di civiltà
pareggiò quando non precede altre città
e regioni d'Italia. Ed i libri e manoscritti
del Generale Ulloa, aperti a tutti, come da
principio notai, dalla singolar cortesia dell'egregio
uomo, non iscarsa luce, specialmente per fatti
di guerra, porgerebbero agli investigatori
del passato; non per altro intenti a storici
studi, che a, migliorar se stessi, specchiandosi
ne' grandi modelli del passato, e, scrivendo,
ad illuminare gli avvenire.
XXVI. Resta argomento d'altri libri (1), a
cui da grande ora ho messo mano, di rammemorare,
dopo i novissimi rivolgimenti del Reame ,
i fatti e gli uomini al suo cadere venuti
fuori dalle mine. Non m'è dato tuttavia,
toccando qui non d'altro che di militari notizie,
contenermi dal chiudere questa Memoria con
pensieri, che mi porgono i tempi, troppo correnti
a sistemi di dinieghi quanto più i
trascorsi furono a studi di salutevoli affermazioni.
Vi ha chi accagionar vorrebbe i governi de'
nostri Re di certo rigore, di forme religiose,
poco men che imposte ad ogni ordine di cittadini
in pubblici uffizi e privati, nel modo che
da altri s'accusano i governi stessi di troppa
arrendevolezza a dottrine, dicono, di Giannone
e di Tanucci. Inevitabile stato di chi regge,
anche tra due felicemente contemporarandosi,
di schivarne le simultanee ingurie. Io dirò
solo che, per non esservi popolo senza un
concetto di Dio, non è è dato
fare un Esercito né comandarlo senza
un culto. Tra il soverchio e il diniego la
scelta non vuol essere dubbia; avanza accertatamente
nel troppo un principio, un seme di opera.
Rimosso dalle scuole, o per lo men contrastato
il concetto divino; velato in sulle piazze,
e per le vie il prestigio d'Autorità;
e le voci di libertà, di patria, di
progresso, per incorrispondenza di fatti,
per disinganni sopravvenuti, oggimai in dcelinamento,
a ridestare in difficili congiunture le forze
del cuore ben poco o nulla per fermo s'appresenta.
XXVII. Non v'ha senso, che tragga l'uomo poco
men che fuori i termini di natura quanto il
ridestato in noi dal concetto del soprannaturale.
I sensi di pietà, dicea la signora,
di Stael, sono i primi a radicarsi in fondo
degli animi, e gli ultimi a divellersene.
Gli è con essi, che si sostiene la
vita, e si è con essi che con più
cuore la si abbandona, il cantor de' Sepolcri
(2) non avrebbe alla tomba de' suoi guerrieri,
senza una religione, accordate le magiche
note della sua lira. I Re e capitani di Erodoto
non attaccavan battaglia senza innanzi far
libagioni. I Germani di Tacito, fermi nel
senso di stare un Dio sopra a' combattenti,
le sue immagini, tratte dai boschi, portavan
nelle mischie. A Manfredo di Svevia, non sospetto
di superstizione, due geni, Dante e Byron,
han fatto omaggio. Il ponea l'uno nel suo
Purgatorio; alle morenti labbra assegnava,
1'altro voci di spirito immortale. E, nella
più propinqua storia, l'umile schifo,
che notturnamente menava il Greco Canaris
ad ardere il nemico navilio, non avea sulla
mobile traccia ed oscura che gli si apriva,
altra luce a meglio chiarirgli la meta, che
una Croce confìtta a prua. Visitavo
non guari la monumentale Palermo; e vidi in
una parete di San Simone, ora Museo Nazionale,
effigiati due, genuflesso 1'uno e l'altro
che gli ponea sul capo un Diadema. Ruggiero
e CRISTO!
Napoli, Ottobre 1881.
M. FARNERARI.
(1)Degli Annali, di Napoli
sotto il Regno d'Italia. Libri quindici.
(2)Ugo Foscolo, I Sepolcri.