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I. DELLE militari fortune de' Napoletani han parecchi scrittori, nel volger de’ tempi, fatto memoria. Non per tanto, ad esplicar meglio le attenenze, che i guerreschi fatti han coi civili e politici avvenimenti, mancava tuttora una speciale storia, che vie più li venisse collegando. Intento io a scrivere degli Annali di Napoli sotto il Regno d'Italia, non mi era ancor dato di compormi un corretto giudizio degli ultimi travagli, al cader della Monarchia, tocchi a' Napoletani. Senonchè, per imbattermi in un uomo, che troppo onorevoli tradizioni domestiche continua, in opere, il Generale Antonio Ulloa mi si offeriva largo e cortese di conforto, con aprirmi i molti libri da esso lui compilati per una Storia Militari del Reame di Napoli, da Ruggiero, fondatore della Monarchia, a Francesco II di Borbone, ultimo sortito a difenderla, cadendo in Gaeta.
Soldato e scrittore, con allato due insigni fratelli, Pietro e Girolamo, stato il primo una contemporanea celebrità, un vivente, onore d'Italia l'altro, egli ha per fermo tanto ben servito col cuore e con la spada lo storico diritto della Monarchia quanto con 1'ingegno e con gli scritti giovato il paese e la repubblica delle Lettere. E la grave età, non gli svigorendo le fibre dell'animo, non ne interrompe, per lo compimento dell'opera, gli antichi studi, o ne scema l'ardore. Il pensiero in esso lui non si raccoglie che per venir fuori più maturo e lucente; infaticabile in ciò precipuamente, che possa, nella storia militare del Reame onorare i suoi compatrioti. E vi ha di più. La sua casa, solitario domestico santuario, riman libera a quanti, che vivon di memorie, di storiche e militari notizie han d'uopo. L'è un archivio di documenti che una tenace volontà, tra felici congiunture, in alto ambiente, in che s'è levato, sol potea venirgli mostrando, per farne tesoro. E ne verrò la genesi sponendo.
II. Volgea il 1830. Era tempi, che parean o erano felici. Niun principato, sì come quello di Ferdinando II, sembrava, per gli ottimi principi, dover reggere lungamente prosperoso. Parea Napoli non avvertire i nuovi moti di Francia per lo surrogarsi degli Orleans a' Borboni; non si impensieriva, delle civili guerre di Spagna per i successori di Ferdinando VII; ed assai meno guardava i fatti della Polonia e del Belgio. Il Reame quietava. E, a discancellare tracce tuttora di politici rancori, il Re avea tantosto riaperto le porte del paese a quanti giuridiche sentenze o paura mantenean fuoriusciti. «E sien grazie» esclamava il barone Giuseppe Poerio in difesa di un Longobneco presso la Corte Penale di Catanzaro, «all'ottimo Monarca, da cui riconosco 1'aver potuto risalutare questi luoghi, dove fu nudrita la mia infanzia, presso che formata l'adolescenza, e dove riposano le ossa dei miei genitori: e l'aver potuto risalutar questa Curia, iniziatrice di quell'aringo forense, che mi è stato interrotto esercizio, ma perpetuo studio ed amore ».
Eran tempi promettitori di libertà nuove; se libertà sieno i civili progredimenti, espressioni di morali bisogni dell'uomo, e non di passioni e di forza. Nium turbine dunque di nuove idee ricorrea fragoroso il sociale ambiente. I vecchi, passati per l'aspra tempera di assai rivolture, da plumbei disinganni convertiti a pensieri e opere di pace: i giovani ritraevan da essi loro ammaestramenti ed esempli alla vita. Sbugiardati i superstiti de' soliti banditori a parole, per farne traffico, di felicità alle moltitudini. Parecchi, che ne' rivolgimenti s'eran mostri tribuni rabbiosi, n'avean da lunga mano smesso il mestiere, tolta altra insegna, ciascuno accomodando con gli animi gli orecchi a' tempi. Salvo importate ed incomposte cospirazioni, niun moto o brama di moto nel Reame: poco men che tutti parea stringere e fermare un cuore istesso. Per modo che a quegli anni i posteriori comparando, eran dessi tanto ripugnanti a rivolture quanto questi ad incoraggiarne l'impunità.
III. Moderatore maturo mostravasi il senno del giovane Re, ausiliato nel magistero della cosa pubblica da uomini, della cui scienza, e, ciò che più rileva, della cui integrità, dopo cinquant'anni, anche in ardore di contrarie passioni, gli stessi avversari testimoniano il raro pregio, non più veduto. Il marchese Giovanni d'Andrea, Nicola Parisio, il Principe del Cassero; quai nomi, e quante memorie! Stremato il pubblico patrimonio dagli ultimi moti del tempo, si ristorava e crescea abbondevole. Il tradizionale decoro si restituiva affatto a' Tribunali; e la solerte antiveggenza del Cassero era salutevolmente applicata a, serbar con gli altri Stati que' vincoli per cui principi e nazioni, per cui in pace come in guerra, si provavano indipendenti e temuti. Ed in casa il Re, tutto modificando e rimosse certe usanze di Corte, rificcasi più libero; e, fuori, parea poco men democratizzarsi. Si avvicinava a tutti; accoglieva chicchessia; rendea grazie per un nulla, ingegnadosi, con felice accorgimento, d'osservar tutto, per venir sempre più nella scienza di pratica vita, ch'è di uomini e di cose.
IV. A reggere la provincia, il comune, e ne' primi unici di Amministrazione, eran traeletti non pochi per fama e per credito estimati ingegnosi ed integri. Lunga seguenza d'onorati nomi, più che in mente, mi si rischierà dinanzi al cuore. Il Marchese di Mollicone, o Giordano de' Bianchi, il Duca di Monteiasi, il Marchese de Turris, il Principe Dantice, i fratelli Carlo e Luigi Cianciuli, Rocco Beneventani, che ricusò il governo della provincia di Foggia e, fu poi Consultore di Stato, il Cav. de Liguori, Antonio Sancio, Leonardo Morelli, Domenico Venthniglia, Mauro Luigi Rotondo, Gaelano Ciaramelli, il Marchese Trapani, G. B. Torelli, G. B. Winspeare, il Marchese Vigo, Felice Cerilo, Federico del Re, ed altri, de' quali vorrei pur qui fare ricordo, se mel consentisse la brevità dello scritto. E lo stesso Ministero di Polizia, affidato al Generale del Carretto, immune spesso da contagio di altri occulti, surti più tardi a tutto mescere e percuotere, noverava ben formali uomini, spiriti conciliatori, avversi a rigori di sorta, amici della Dinastìa e del paese. Il Marchese Bassano, Gennaro Piscopo, Scipione Parlo, i Consiglieri Carlo Galloni e Giuseppe. Maddaloni ed altri, avrebbero medesimamente di loro uffici e di loro opere onorati altri governi ad altri paesi. Non ha la storia ancora, tra pareri discordi, pronunciato l'ultimo verdetto sul Marchese Francesco Saverio del Carretto, per essere malagevole il sentenziare de' passatì senza pericolo della prevalenza d'idee correnti a' proprì tempi.
V. Non per fermo mollo diffusa la pubblica istruzione; ma poco o nulla ufficiale il magistero dell'insegnamento, e però più libero, senza pur ombra delle odierne lustre, che nulla di saldo radicano e fan largala sopraffaccia vana. La scienza precipuamente studiavasi per la scienza; ell'era fine e, mezzo a sé stessa. Eran gli studi elezione più che espedienti occorsi a pascer di fortune i cultori, di volger le lettere a lucro, ed inorgoglire a danno del merito la mediocrità. Men forme, men tirocìni, men gravezze conferiano a' giovani onoranze di gradi e di laurea. Non era niegata la facoltà, dì insegnare dopo il 1830 a parecchi, che la richiesero, compromessi per fatti antichi, e per ì più recenti del 1820. A presidente della Pubblica Istruzione era stato eletto, e lungamente vi resse in sino a che morte noi tolse, un uomo insigne per ìscienza e per virtù, Monsignor Giuseppe Mazzetti. La Regia Università tra i molti, che n' eran decoro, avea il ristoratore della Filosofia in Italia, come il chiama, il Mamìani, Pasquale Galluppi. Avea quel miracolo di multiforme scienza, Stefano delle Chiaie; avea Vincenzo Lanza, gran lume della Medicina, e forse primo in Italia e fuori; e noverava tra gli altri dotti giureconsulti, fine loro infaticabile, Nicola Nicolini. Nelle lettere le ultime reliquie tu ancor trovavi della scuola di Alessio Mazzocchi; Monsigor Rosini, i canonici Iguana, Rossi, del Jorio, Lucignano ed altri. Fuori l'Università, due capiscuola, Francesco Fuoco e Basilio Puoti, solerti risvegliatoli di classici studi, liberamente davano opera, l'uno a far pensatori i suoi alunni, l'altro, iniziando in Napoli il lavoro altrove già progredito de' Cesari, de' Mustoxidi, de' Giordani, de' Perticari, dei Gamba e d'altri benemeriti uomini, apriva, i riposti tesori della nostra Lingua, che sono nel 1300. — Inesauribile il vecchio Barone Cosenza, non restava ancora di dar fuori nuovi drammi; e la tragedia ed altresì la classica commedia riproducea sulle scene Cesare della Valle. Le tradizioni del Vanvitelli continuavano in opere e restaurazioni mirabili i Genovesi, i Nicolini, i Giura ed altri. I ponti con catene di ferro, la prima, volta, in Italia, si costruivano sul Garigliano e sul Volturno. Avea la scultura Angelini, Persico, Calì, ed altri parecchi. De Vivo, Guerra, Garelli, Smargiassi, Fergola; e più tardi de Napoli, Mancinelli, Palizzi singolarmente serbavano le nobili tradizioni della scuola, pittorica Napoletana. A Direttore del Regio Conservatorio di S. Pietro a Maiella, dopo i Paesiello e i Zingarelli, veniva Donizelti. Le inspirate note di Bellini, di fresco uscito di Collegio, si ripetean le più frequenti ad ammaliarci il cuore in S. Carlo. Un umile e sacro esule Greco, come il dice il Ranieri, redivivo discepolo di Socrate, già compagno del Coray, Gostantiuo Margaris, ci esplicava un motto di Platone. Vivea qui gli ultimi suoi giorni, e qui moriva l'ultimo, di greca vena, de' grandi poeti italiani, Giacomo Leopardi.
VI. E, tuttoché non affatto libera la stampa, cercheresti in vano un libro o giornale, pari in posteriori tempi all'ultimo de' Venuti in luce a que' giorni. Le giuridiche disputazioni di Michele Agresti, i giuridici ed amministrativi lavori del Consigliere Vaselli, le opere di Davide Winspeare, le non mai smesse pubblicazioni, vuoi di Economia Sociale, vuoi di Pedagogia e dì Filologia, di Francesco Fuoco, i rilevanti scritti dì Carlo Afan de Rivera, Direttore Generale de' Ponti e Strade, il Vocabolario del Tramater, che si ebbe a collaboratori i più forti ingegni del paese; furon prove d'ingegno, furono studi, della cui continuità ed alla cui altezza maraviglierebbe il più svegliato senno anche di più feconda età. Ed il Pantano, l’Ape Sebezia, il Progresso, e l’Antologia Militare, della quale particolarmente farò ricordo, non s'ebbero gazzettieri, ma scrittori, il cui nome non resta in Italia, ma travalica i monti e, corre oltre, i tempi: Nicola Covelli, Oronzo Costa, Francesco Fuoco, Pasquale Borrelli, o il suo anagramma Pirro Lallebasque, Francesco Borrelli, Cataldo Iannelli, Luigi Cianciulli, Andrea de Angelis, Luigi Blanc, ed altri. Eran tempi di pace, nullamente svagato l'animo ed il pensiero dei giovani men da splendori di parole che da vivi esempi di venerandi vecchi confortato a nudrirsi. I rinneganti gli scolastici ordinamenti ed i fecondi studi di quella, che può non a torto nomarsi epoca per Napoli, provano o d'ignorare l'alto pregio di tanti uomini, o, se, pur mostrino di poter esercitar prestigio il proprio ingegno, rinnegano, peggio che ingrati, d’esserne, stati singolari autori e solo potenti cause que' maestri, que' sistemi, quegli esempi, quel tempo; in cui non vano suono articolato o mentitore risuonava, ma ora la parola pensiero e salutevole moto operante.
VII. Ma, ciò che da prima venne a più rivelare l'intendimento e contrassegnò il genio del Monarca, si fu, nel riordinamento dell'Esercito, la cura ch'ei pose infaticabile a munire d'ogni opera di defensione le fortezze, e, segnatamente lo aperte sponde del Reame, di littorali artiglierie. Eran tempi, in cui davano i fatti più rilievo che le parole. Preoccupato innanzi tutto dello incremento ed avvenire dell'Esercito si applicò risoluto al morale e, materiale ingrandimento, che li potesse riguardare. Ond'egli poté in progresso mantenere alto il prestigio d'indipendenza, come niun de' suoi processori avea potuto o mostrato. L'ammiraglio Marleen infatti obbligò, nel 1744, pronto a bombardar Napoli, Carlo III a richiamar le sue milizie dalla superiore Italia. In nome della Francese Repubblica La Touche nel 1793 costrinse Ferdinando I a segnar la pace. L'Inglese commodoro Cambell nel 1815 forzò il governo di Murat alla dedizione, del navilio, ch'era in porto. E, per converso, al 1837, l'ammiraglio Delhand, entrato nel golfo di Napoli, il Re, in parte allestito, mostrò di non temere. E al 1840, nella controversia, de' zolfi, già spedito un corpo d'esercito a Messina, preparata ogni difesa, e rotte le ostilità, presentatosi Stopford forte agguerrito in faccia, a Napoli, nulla operò. Nel frangente, del 15 maggio 1848, Bandiu, Ammiraglio Francese, con tre vascelli ancorato nel porto di Napoli, chiedea al difficile governo di quel giorno lo sbarco di più centinaia dì soldati a riparo della vita e degli averi dei suoi connazionali. N'ebbe istantemente rigido e dignitoso diniego da Genaro Spinelli, Principe di Cariati, che assumea nell'ora istessa l'ufficio di Presidente de' Ministri. E si fu il primo atto del memorevole uomo, che 1815, in situazion men forti avea segnato i patti con Cambell. Ed altro pure sì legge nella storia militare del Generale Ulloa. I Comandanti le stazioni navali di Francia, e d'Inghilterra, Nonay e Robb, gli 11 settembre 1848, dopo la presa di Messina e di Melazzo, già fatto compiuto, domandavano in nome de' loro governi una tregua, lungo le coste di Sicilia, per potere la mediazione de’ rispettivi Governi accelerare la pace generale. F. Carlo Filangieri, nella congiuntura, più diplomatico che soldato, o l’uno e l'altro insieme, pur rispondendo cortesemente, non restava dallo suo militari operazioni. Nel 1856, dopo il Trattalo di Parigi, sostenne il governo di Napoli imperturbato la partenza de' due ambesciadori, Francese ed Inglese. Avanzava tuttora in Europa un Diritto Pubblico; non per anco tutte lacere le pagine dei Trattati; immaturo il sotterraneo lavorio di convertire a pruove di diserzione i più disposti nell'Esercito e segnalamento nell’Armata, sopraggiunti i pericoli, a pruove di codardia; e costante, nel suo maggior vigore l'animo del Re di trovar, in ogni evento, ciò che fu fede in esso lui, solo durevole ausilio e forza nella forza del diritto. Niun brano di esercito dava in Italia all’età nostra pruove di abnegazioni, di cuore, e di militare onore pari agli esempi de' Napolitani rimasti sotto le giurate insegne, e segnatamente nell'assedio di Gaeta. Come niun Re, de' contemporanei vinti, ed in condizioni più stremate, cadeva pari n Francesco II, con la spada in pugno. I buoni ordinamenti, civili o militari, anche scomposti da trapotenti cause, non restano, ne' loro stessi travagli, di testimonianze tuttavia certa virtù di saldezza, che s'ebbero nelle origini; e ne ritarda anche non senza splendori la caduta.
VIII. A far l'esercito per fecondo avvenire, occorrea innanzi tutto di raccorre e fecondar nuovi semi. Sin dal cadere del passalo secolo tra i militari instituti, iniziati da, Carlo III, si era sotto Ferdinando I stabilita una Militare Scuola, primo Direttore Giuseppe Parisi, levato in progresso a Tenente Generale, uomo meritamente in gran fama per copiosa varietà, di scritti, e per integrità di vita; tra i silenzi degli studi morto in Napoli nel 1831. I Francesi nel decennio di lor signorìa la Scuola confermarono con unici, che in alcun modo ritraevano dalla Politecnica di Parigi. Al 1819 la Scuola, o Collegio (della Nunziatella) come le altre, s'ebbe completo organamento; e ne avea il governo il Generale Francesco Costanzo, che vi ordinò uno speciale sistema d' insegnamento per le scienze esatte; benemerito uomo, che lasciò morendo, all'Ufficio Topografico parecchi suoi manoscritti, de’ quali la Società Napoletana di storia patria, potrebbe fare ricerche. N'eran professori Luigi Galanti, Ottavio Colecchi, Ferdinando de Luca, Paolo Tucci, e più tardi Salvatore de Angelis, stati i due ultimi, fuori del Collegio della Nunziatella, anche i maestri di quanti l'ingegneria Napoletana mostrava non guari di uomini prestanti e solerti. E Basilio Puoti, introdotto da Filangieri, vi ristorava gli studi delle Lettere, cacciandovi a sua volta a professori i suoi discepoli, tra cui Francesco de Sanctis, stato più volte Ministro della Pubblica Istruzione del nuovo Regno d' Italia.
IX. Ed il Re, che al 1830 avea col Trono assunto il retaggio d'ogni male del passato, e precipuamente de' moti del 1820, riaperto il paese ad altri, con più cuore avea richiamati Carlo Filangieri, Alessandro Begani, i Pepe, Giulio Caracciolo di Rocearomnna, Pignatelli, principe di Molilerno, Raffaele Carrascosa ed altri, che aventi onorato il Napoletano nome nelle Francesi fortune, o compromessi po' fatti del 1820. Egli dava opera sì fattamente ad innobilire con essi il lavoro del nuovo Esercito; non giudicando gli uomini da' soli successi, che sono quando non contrari, accertatamene indipendenti dal merito; nel modo che singolarmente va notato in Francia, dove lo spirito nazionale onora lauto i vincitori di Valniy e di Austerlitz, quanto i vinti di Rosbach, e di Walerloo. E gli storici militari Francesi vanno più oltre. Li sospinge, 1'amor patrio a cercar, dove che sia, anche il minino, che possa dar rinomanza al proprio paese. Non si fermano a narrare de' primi capitani, de' lor primi condottieri in guerra, ma pur de' minori, che segnalaronsi in tutti i fatti d’arme, alzando memorie e biografie a gradi ed onore di storia (1). Ed appuntati dì troppo millantare le cose loro, ciò che torna per fermo in commendazione dello spirito lor nazionale, restano implacabili, ed è questo salutevole rigor di giustizia, a punir i disertori in guerra o codardi. Storici ricordi i Generali sognanti i patti della dedizione di Verdun, di Baylen, di Parigi.
(1) Chateauneuf — Historie des grands capitanies de la France, pendant la guerre de la libertè del 1792 a 1802.
Hostorie des Gènéraux Français, depuis 1792 jusqu’à nons jours, Paris 1811
Dietionnaire Historique des battailes, siéges et combats de terre et de mer, qui out eu lieu pendant la revolution Française. Paris 1818.
Historie du General Pichegru, Paris.

X. Il Collegio della Nunziatella, tra per tuttora lodevoli tracce segnale dal Parisi, e salde basi poste dal Costanzo, per la rinomanza de' Professori, e per lo dominante pensiero del tempo, intento a speciale culto di scienze esatte, ed a classici studi, non indugiò guari a dar fuori i risultamenti puri e maggiori anche de' primi instituti militari di altri Stati. E venne, la mercé di tante concause, ritraendo anche ciò che di comune e dominante era in altre scuole e licei del Reame. Fiorivano gli storici studi. Carlo Troya, di fresco tornato d'esilio e di particolare sovvenzione ausiliato dal Re, dettava la sua Storia del Medio Evo. Raffaele Liberatore si applicava a’ Civili Annali di Napoli. Monsignor Giuseppe Capecelatro ponea in luce pagine eloquenti dell'Antichità e delle Fortune de' Capeci. L'ab. Sacchinelli, raccoglieva, a difenderne il nome, Memorie intorno al Cardinale Fabrizio Ruffo. L’economista Luca de Samuele Cagnazzi preparava i suoi Elementi di Cronologia. Ludovico Bianchini ponea a stampa la sua Storia delle Finanze di Napoli. La Storia de' Vespri Siciliani di Michele Amari, e di Antonio Ranieri la Storia d'Italia dal quinto al nono secolo, furono studi e meditazioni di quegli anni. Pregevoli lavori dier fuori medesimamente Michele Baldacchini, Giuseppe de Cesare, Angelo Granilo, principe di Belmonte, ed altri. Ed in ideologico grado più generico ed alto, de' due insigni scrittori, Francesco Bozzelli e Pasquale Borrelli, 1'uno nella Imitazione Tragica presso gli antichi e presso i moderni ci dava la genesi e le fortune del Dramma; l'altro, a preambolo del Vocabolario del Tramater, sotto il modesto titolo di Discorsi intorno alla Scienza Etimologica, in sapiente sommario, colle origini di certe voci scopria riposti frammenti d'una storia, delle Lingue.
XI. E, per essere non di rado 1'uomo il risanamento di ciò che il circonda, cotesto moto di storici studi dovea pur toccare a sé trarre i più svegliati, che del Militare Collegio, a maturità, di tempo, venian fuori. Tra parecchi, de' quali farò pur cenno, era Antonio Ulloa, Alfiere di artiglieria, con in casa il maggior fratello, che fu Pietro Ulloa, e fuori tra i migliori ufficiali, che accertatamente noverava, la sua Arma, e per felici congiunture che il menavano a conoscerli tutto ciò che fuor dell’Esercito rinveniasi di commendevole, Andrea de Angelis, Luigi Blanc Luigi Cianciulli, Florestano Pepe ed altri; dovea tutto ciò ingrandedogli 1'animo, volgerlo tantosto a tentar pruove di nobile aringo. Erasi egli ormai svelato con dare in luce la prima versione della Piccola Guerra, o Trattato delle secondarle operazioni di Guerra del Prussiano Decker, con l'istruzione segreta, di Federico II. Si era palesato nel Progresso; e anche in strenne e giornali minori della stagione, correvano gravi e storici articoli. Gli era noto, che nel quinquennio, dal 1815 al 1820, si era tentato di comporre un Militare Giornale del Deposito della Guerra, e n'eran usciti due volumetti. Spirito operoso, non ristette un istante. Le occasioni in tale stato, anche indugiando, s'invocano. Assai malagevolezze da prima il fermavano; finché il suo coraggio, senz' altro, gliene ispirò l’attuazione; e nel 1835 pei tipi del Pizziello in Napoli fu stampato il primo volume dell' Antologia. Militare.

(1) Sull’equilibrio del timone d’artiglieria di campagna – Sul tiro delle artiglierie ed in specie di quello del mortaio- Metodo per livellare un terreno a curve orizzontali praticato in Gaeta nel 1833, ecc. Vol. I. -
XII. Ministro della Guerra era il Generale Fardella, Siciliano, di provata fede, ma inconscio delle mutati sorti dei tempo. Vi suppliva non per tanto lo studio ed amore del Re, volto, nel modo che superiormente dicevo, al progredimento dell'Esercito. Non avversò il Ministro l'apparizione dell'Antologia; ma volle, che ne avesse quinci innanzi esercitata la preventiva censnra un Consiglio d'alti ufficiali; tra cui, e fu gran ventura, trovossi quel lume d'ogni civile e militare virtù, che fu il Colonnello ordinando Visconti, Direttore dell'Ufficio Topografico e della Tipografia della Guerra. E sin dal primo volume oltre ad articoli di scientifiche nozioni guerra, che non era dato di studiar sul terreno (l), venia descritta ne’ contemporanei fatti; e, in difetto di questi, in altri della moderna storia straniera o nostra; l’Assalto di Varsavia per i Russi nel settembre del 1831; dell'Artiglieria, Francese nell'Assedio della Cittadella d'Anversa al 1832; Cenno Storico delle Milizie Napoletane dal 1806 al 1815; Assedio di Gaeta del 1707; Biografìa di Andrea Cautelino, Duca di Popoli ad altro. Informò sì fatto ordine d'idee prima ed in successo di tempo l'Antologia; che segnò per ritorcilo un avvenimento; non indugiando la stampa di Vienna e di Berlino a commendarne la pubblicazione; e, ciò che più monta, lo Spettatore Militare di Francia, primo a darne l'annunzio, e a tradurne poscia memorevoli saggi.

XIII. Scrittori dell'Antologia,alcuni per troppa, modestia non apponendo i lor nomi, furono quanti, pochi da principio, parecchi in progresso, onorando l'Esercito, o fuori di esso anche per militare scienza eran chiari, o cultori di Lettere; Pietro Ulloa, Andrea de Angelis, Luigi Blanc, il Colonnello Domenico Puccemulton, Mariano d'Ayala, Francesco Sponsilli; e de' tuttora viventi, oltre ad Antonio Ulloa, fondatore dell'Antologia, il Barone Giuseppe Parrilli, i Generali Mezzacapo, Cosenz, Girolamo Ulloa, il Colonnello Giuseppe Novi, e più altri. Autorevoli giornali d' Italia, ne fecero tantosto lodevole menzione, tra cui dopo il Progresso di Napoli gli An¬nali di Statistica di Milano. E più oltre n'andò lo Spettatore Militare di Francia. L’insigne Direttore Noirot diresse ni compilatori dell'Antologia l'onorevole invito di darsi nella periodica pubblicazione l’analisi di ciascun volume dello: Spettatore. E, più tardi, una medaglia di oro fu per ordine della Regina de' Francesi, moglie di Luigi Filippo, graziosamente coniata per uno de’ più solerti collaboratori, Andrea de Angelis, per aver letto, si dicea nel regale ufficio, col maggior diletto coteste apologetiche pagine della sua patria. E, si ebbe, per la stessa Antologia, il generale Ulloa, l'ordine di S. Ladimiro dall'Imperatore di Russia, una Medaglia d'oro dal Re, Luigi Filippo, e più tardi la legion d' onore da Napoleone III; e l'Accademia, de' Georgofìli di Firenze il volle a suo socio corrispondente. Gli vennero poscia accrescendo desiderio al lavoro, e a nuovi libri, come dirò, le laudi di Cesare Cantù, e segnatamente dell'Arciduca Carlo, l'emulo di Napoleone I, e tra i primi per avventura, che con studii e scritti nuovi l'arte di guerra inalzava a grado ed onore di scienza (1).
(1) I principii della parte sublime della guerra on esempi pratici per l'istruzione de' Generali Austriaci. Vienna 1808 - I principi di Strategia applicata alla campagna del 1796 in Germania e nella Svizzera, Vienna 1819.

XlV. L'ordine de' Santi Maurizio e Lazzaro, di che avealo pel fatto stesso, nel 1842, insignito il Re Carlo Alberto gli porse il destro, anche per volere del proprio Re, di conoscere il Piemonte, con mandato di osservarvi i militari ordinamenti, e riferirne poscia, al suo ritorno in Napoli. Ivi accolto da Carlo Alberto con la non comune cortesia, tradizionale di Casa Savoia, particolarmente vi conobbe ed ammirò il Duca di Genova. E vollero amendue, il Re ed il Duca, ch'egli liberamente vedesse ciò, che potea avere attenenza a militari opere; invitato più volte al campo di manovre, alle pruove de' cannoni Cavalli, e a quelle delle nuove costruzioni di artiglieria di campagna. Osservò gli arsenali, le armerie ed i militari instituti. E si ebbe la felice congiuntura di estimar più da presso i pregi d'animo del Conte Annibale Saluzzo, precettore de' Principi, e fratello dì Alessandro, autore della Storia Militare del Piemonte, già pubblicala. Dal Conte Cesare, Balbo, con cui gli fu dato stringere amistà, egli potè riposatamente udire ciò che nel suo Sommario della Storia d'Italia l'insegne uomo avea narrato di quei fatti, ch'ei notò, ricorrendo il passato secolo; ovvero che sia, che, progredendo Napoli sotto Carlo III sopra modo in civili ordini, ne’ militari arrestavasi il Piemonte, per la novissima alleanza di Francia e di Austria nella guerra de' sette anni contro la Prussia; la quale davagli pace sì, ma sviavalo da certa militare operosità, stata vitale per le sue fortune. Le militari condizioni, nel 1842, eran nondimeno quali si convenivano a piccolo Stato, aspettato a future lotte con Casa d'Austria. In quello che in Napoli, nulla ostante tanti moti e casi diversi, vuoi certe prime opere di Ferdinando I., o i decenni ammaestramenti de' Francesi ne' primi anni del secolo, o le feconde instituzioni del quinquennio, dal 1815 al 1820, interrotto, dalla sopra avvenuta. militare rivoluzione, o per l'indole stessa di Ferdinando II, che costantemente si tenne men Austriaco che Francese, o in fine per le più larghe condizioni economiche del Reame, ogni maniera, di militari opere era più inoltrata.
Più eletto serbavasi l'ufficialato in Piemonte, per trarsi colà, specialmente dall'aristocrazia, rimasta men tocca, dopo il 1815, dal nuovo codice Napoleonico, che Napoli avea accetto De' nobili Napoletani supplì in alcun modo a, mantener desto nell'Esercito certo tradizionale militari; spirito la. Compagnia delle Guardie del Corpo, che Carlo III primo instituì, la Real Paggeria fin al 1824, e non di rado il Militare Collegio. Il Re Carlo Alberto, in ogni modo, che presentiva ciò che gli mancava, nell'accomiantarsi il Generale Ulloa, gli disse: Riferite al vostro Re, che io sono tra gli ammiratori della sua buona e numerosa marina di guerra. (1) E fu vaticinio. L'apparizione nell' Adriatico delle navi Napoletane nel 1848 modificava istantemente la situazione di guerra con l'Austria; per essersi il nostro Raffaele de Cosa, serbato dinanzi a Venezia con militare accorgimento ed ardire, che mancò posteriormente al Persano nelle acque di Lissa.
(1) Memorandum a S. M. il Re – Napoli 8 gennaio 1813.

XV. Non ha rilievo la militare storia del navilio Napoletano, fuor che sotto la signoria de' Borboni. Durante la vicereale dominazione non avea lo Stato che poche vecchie galere ed altrettanti sciabecchi. Vi avea un nautico instituto, il Collegio di S. Giuseppe e Lucia, fondato in riviera di Chiaia da un benemerito uomo, col proprio denaro, nel 1648, Cesare Guadagni. Ferdinando VI di Spagna mandò a Carlo III, suo fratello, due fregate da 40 cannoni; altra se ne comperò dalla Compagnia delle Indie; e si ristorarono le vecchie, galere e tre sciabecchi. Si fondò al 1738 nell'Arsenale una Scuola di Marina; e v'entrarono parecchi figliuoli di nobili. Acquìstaronsi più tardi da' Cavalieri di Malta due vascelli da 69 cannoni. Ferdinando I, minorenne, con allato Bernardo Tanucci, migliorò 1'opera, dell'insigne padre. L'Irlandese Giovanni Acton n'era vice-ammiraglio. Fu ampliato il cantiere di Castellammare di Stabia; e, vi si costruirono, in brieve giro di anni, sei vascelli da 74 cannoni, sei fregate da 60, sei corvette da 24, otto galeotte ed ottanta barche cannoniere. Furon fatti venir cannoni di Svezia, le cui fonderie erano allora in gran rinomanza. Nel 1784 una squadra Napoletana prese parte nella spedizione contro Algieri. Tra le memorie della presa di Tolone non meno importante degli alleati Inglesi, Spagnuoli, Portoghesi e Sardi va segnalalo il Napoletano navilio. Van ricordati parecchi nomi, tra, cui Spannocchi, Correale, i due fratelli de Cosa ed altri. E la navale campagna della squadra Inglese la stessa state a Tolone, di cui facean parte i Napoletani, per ardite manovre, al Capo Noli dava storica celebrità, a Francesco Caracciolo, del ramo Brienza,.
I sopraggiunti moti del 1799 nella maniera che aveano interrotte le civili opere iniziate da Carlo III e proseguite da Ferdinando I, medesimamente, i militari ordini e navali distrussero. Il Napoletano navilio, sotto il pretesto di non potersi menar salvo in Sicilia, fu arso da quegli stessi, che non guari aveanlo avuto ad ausiliario.
Le poche di esso reliquie, ancorato a Messina dal 1800 al 1806, furono con gl'Inglesi al blocco di Malta, e di Genova. Non poté il Francese governo in Napoli nulla fare di durevole per altro comporne, tuttoché vi avessero chiari uomini, Giovanni Bausan, Giuseppe e Raffaele de Cosa, ed altri. I moti del 1820 ne interruppero pur 1’opera. Incuria de' Ministri del tempo, ed anche scoramento di ufficiali più tardi, al 1829, pe’ fatti di Tripoli, non poco nacquero a ricominciar¬ne il compimento. In piena, dissoluzione, di tutto sfornito, alla morte, di Francesco I non vi avea pure una sol nave a vapore. Era serbato a Ferdinando II di vedere nel risorgimento dell'armata navale Napoletana, da esso lui promosso, l’apparizione nel 1833 d'un primo navilio, che congiunto ad altro del Re di Sardegna, minacciando Tunisi, dava al Reame quel trattalo di commercio, che un Decreto degli 11 giugno 1834 pubblicava. Gli era pur serbata la sorpresa non guari dopo, al 1848, di veder combattuta, ammiraglio un Raffaele de Cosa, nel suo passaggio per lo stretto di Messina, la squadra che s'avviava, nell'Adriatico per la guerra d'indipendenza Italiana, da quegli stessi, che millantavansi di volere indipendenza. Ed era fatato al Figliuolo successore di raccorne in retaggio nel travagliato anno di suo Regno, al 1860, il morale sterminio: la codarda diserzione de’ più, che 1'augusto Genitore avea colmi di benefìzi, e sperato d'innobilire (1).
XVI. Né in all'un modo prosperosi in pace gli stessi ordinamenti dell'Esercito dopo il 1820. Noverava il Reame nel 1830 non oltre 34,000 uomini, compresi gli applicali al militare navilio. Pochi eccetti tra coloro, che avean seguiti la Dinastia in Sicilia, a' primi moti del secolo, vecchi i più e ben guiderdonali, mal vedeano i non pochi mutamenti, e gli uomini nuovi dal Re aggiunti a rifar l'Esercito. E dier fuori una specie di protestazione con firme, che la Storia registra, e che il Re non curò; tanto sul non ancor turbalo suo animo da' posteriori rivolgimenti potea, la luce del merito, ed il proposito di giovarsene per la Monarchia. e pel paese. Un consiglio di Generali, tra cui Carlo Filangieri, stabiliva il nuovo organamento dell'Esercito. Il quale per decreto del 31 dicembre 1832 venne in progresso crescendo sì che al 1859 noverava 91,650 uomini, 10,789 tra, muli e cavalli, 24 batterie di campagna e di montagna, un parco d’assedio, due diversi equipaggi di ponti da guerra, con riserva di 51,000 uomini tra fanteria litorali artiglieri. Vi eran fortezze, batterie da costa, arsenali, armerie, e fonderie per grossi cannoni di bronzo e ferro,e tutte più o men provvedute o fornite.
Avea il militare navilio 2 vascelli, 5 fregale, 1 corvetta, 5 brigantini, 1 goletta, 2 bombardiere, ed altre minori navi, e tutto a vela. Navi a vapore erano 11 fregate, 5 corvette, brigantini, ed altro di minor conto, con cantieri, il bacino di Napoli, e lo stabilimento di Pietrarsa, che poco o nulla lasciavano a desiderare. E tutto ciò in poco più che venti anni di lavoro, con la soluzione, di malagevole problema, cioè di non aggiunger tributi o gravezze di sorta a' popoli;
anzi al 1847 si scemò il prezzo de' sali. Vi avean risparmi, men da rigori di parsimonia suggeriti che da equa e paterna, amministrazione ne' civili come ne' militari ordini. Il bilancio consuntivo di Guerra e Marina, che al 1835 si era per l'Esercito di 0,907,074 ducati e per l'Armata di 1,339,000, in tutto 8,347, 074 ducati, non superò, in successo di tempo, mai per nuove spese i 10 milioni dì ducati.
I bilanci preventivi e consuntivi di tutto il Reame dier sempre utili risparmi, fuor che al 1850, nella guerra d’Oriente, per casi che potean sopravvenire, il generale bilancio dello Stato potè mostrane un lieve aumento. Son cifre, il cui rigore vince ogni forza, e la storia segna men a laudi, de' passati, che a stigmatizzare quegli Stati, dove i principi di morale e di algebra, secondo la scuola de' pensatori ed economisti Napoletani, van manomessi, e nullamente applicati alla Pubblica e privata Economia (1). Fare opere con moltiplicar balzelli, anche in urgenti fatti, è precipitato espediente economico. In disutili o fantastici l'è spreco, quando pure non lo si vuol dire ufficiale sistema di comunismo armato.

(1) Una dotta ed elaborata Memoria manoscritta intorno al Militare Navilio Napoletano, autore il Barone Giuseppe Parrillo, già chiaro per altri pregevoli lavori pubblicati, si conserva presso il Generale Ulloa.

XVII. Ripigliando l'interrotto filo degli studi dell'Ulloa, trovo, che, pubblicati nell'Antologia parecchi e gravi articoli intorno a storici avvenimenti, e particolarmente di militari fatti Napoletani, un più argomentoso scritto, sottosegnato da un ufficiale di artiglieria, avea principalmente tocco l'animo del Re, assiduo leggitore oramai di ciò, che vi si andava inserendo (2). Ad affrancare l'Esercito Napoletano da ingiurie di viltà in guerra, apposta loro da stranieri, specialmente dopo i disastri del generale Mach, e per i casi vari de’ pubblici moti nel volger de' tempi, facea d'uopo, che una storia de’ guerreschi fatti, delle fortune e de’ travagli ne sbugiardasse le accuse, o per lo meno i precipitali giudizii (3). I concetti in tanto del nuovo scritto non erano ignoti al primo redattore dell'Antologia. Sin dal suo entrare in giovanezza, non digiuno e vago di storielle, discipline, ed anche sospintovi per avventura da ciò che avea trovato nel Collctta , che pensava di pur dettare una Storia delle Milizie Napoletane, s'era egli da lunga mano ingegnato di far tesoro di tutto che avesse potuto collegarsi a storia militare di Napoli; e di che pure avea parecchi saggi già dati nell’Antologia. Comparsa nel 9.° volume 1840 L’idea d'una storia delle milizie delle Sicilie, il Generale Ulloa, allora Capitano di Stato maggiore, fu tosto del Re confortalo di non tenersi solo allo storico periodo da Carlo III a' suoi tempi; ma di porre mano più in alto, cioè da Ruggiero. E stavagli, aggiungea il Re, tanto più a cuore una storia militare del Reame, dopo la Civile del Giannone e la già pubblicata intorno alle Finanze del Bianchini, in quanto che vedea in Italia il Piemonte avere oramai la sua (1). Si aggiunse al 1839 la venuta in Napoli dell'Arciduca Carlo, che gli porse la felice congiuntura di ammirare più da presso il celebre Uomo, e di averne anche da lontano luminosi ammaestramenti. Le fonti per tanto dond'ei polea agevolmente cavare le più riposte notizie, e quindi comporne le più corrette opinioni, gli furon tantosto dischiuse. Gli archivi de' Ministeri e di Corte, nell’Ufficio Topografico e le già contratte e cresciute attenenze con prestanti uomini del tempo, gli furono più larghi studi ed espedienti nuovi a venir punto punto meglio coordinando il grandioso e difficile lavoro. A cui si applicò con tenacità di propositi; provata oggimai da incontestabile testimonianza di (9) nove Volumi Manoscritti, e di (15) quindeci a Pruove di stampa, per agevolezze trovale nella Tipografìa della Guerra, e più ancora nell'Ufficio Topografico, fornito di egregi uomini e d'ogni maniera di valenti artisti; pe' quali poté egli i lavori vedere iniziati per le Carte Militari delle provincia continentali e di Sicilia; le Carte Topografiche delle battaglie, di Benevento, Tagliacozzo, Bitonto, Velletri e Macerata; non che quelle per gli assedi di Gaeta del 1707 e 1806; per la presa di Messina del 1718, e del 1848.

(1) Francesco Fuoco, Saggi Economici, Pisa 1825.
(2) Idea d'una storia delle milizie delle Sicilie da Carlo III. a FerdinandoII. Vol. 9. 1840.
(3) Nel 1856 nuove accuse contro i Soldati Napoletani eran pubblicate dal giornale inglese il Morning-Post; e ripetevale il Debats del 10 dicembre 1856. Ed il Generale Ulloa rispondeva in particolare opuscolo, che ebbe due edizioni, e venne commendato e riprodotto da non pochi giornali Italiani e Francesi.

XVIII. Molto innanzi al 1830 parecchi scrittori di scienza e fatti di guerra noverava l'Italia: Grassi, Vacani, Delaugier, Racchia, Gridis, ed Alessandro de' Conti Saluzzo; e più tardi nel medesi¬mo Piemonte Carbone, Arnò, Luigi e Zenone, Quaglia, Annibale de' Conti Saluzzo, e Giovanni Cavalli. In Toscana un Perrelli Biondi; nello Stato Pontificio P. Roselli; ed Andrea Zambelli di Pavia nel 1837. Ed in Napoli dopo un Sanchez de Luna, un Santacroce, il Marchese Giuseppe Palmieri, Giuseppe Parisi, Francesco de Angelis, Angelo d'Ambrosio, Francesco Costanzo, un Pignatelli Strongoli, Ferdinando Visconti, il Generale Rossaroll, Luigi Ricci, Pietro Colletta e più altri, eran venuti un Descamard, Raffaele Niola, Leonardo Cacciatore, Vincenzo degli Uberti, Luigi Scarambone, Ballerini, Filippo Pagano.
Facea mestieri per tanto di raccorre, ciò che variamente storici d'altri Stati d'Italia e d'altra età avean narrato, e tutto venir coordinando ai militari avvenimenti di Napoli e di Sicilia. Era d'uopo, per essere i secoli consumatori e produttori di civiltà nuove, e per esser tutto collegato, ingegnarsi di toccar, in preambolo, delle remote guerre de' primi popoli dello Sicilie, segnatamente de' Sanniti, de' Marsi, de' Siracusani, degli Agrigentini, ed in successo di tempo delle tre repubbliche di Napoli, di Amalfi, e di Gaeta, che tante fatiche diluirono a nettare le sponde della Campania ed i mari da' Saraceni. In secoli men oscuri descrivere ciò che di memorevole potean dare i fatti e casi di guerra sotto la signoria de' Normanni, degli Svevi, degli Angioini, degli Aragonesi, e sotto le varie tirannidi de' Vicarì; condannati spesso i Napoletani sotto straniere insogne a tingere di lor sangue, senza gloria, i campi dì Lombardia, di Catalogna e delle Fiandre. Più ampia e feconda mostravasi l'età di Carlo III, che ristorò tanti ordini, e diè la prima volta all'oramai indipendente Monarchia proprio esercito e permanente. Le guerresche fortune de' Napoletani sotto i successori s'ebbero fasi diverse, per diversità di pubblici moti, di cause di guerre, di dominazioni, e di forme pur anco, sotto un medesimo principe, di civile reggimento.
(1) Historie Militaire du Piémont. par le Comte Alexandtre de Saluces, Turin 1818.

XIX. Infaticabile in ciò, che potea onorare la Monarchia ed il paese, non restava l'operosità dello storico. A cui si eran allo scrivere nuovi conforti aggiunti, singolarmente per la contraila amistà col Generale Wagner, Prussiano, che tra gl'illustri scrittori di scienza ed arte di guerra volle e seppe, con preclari scritti dopo il 1831, inalzar la gloria de' suoi compatrioti, che già avean Jena vendicata con le battaglie, che fermarono la pace del 1815. Per lo che, oltre più remoti fatti di guerra, invasioni, conquiste, assedi, la disgraziata campagna del 1798, il sanguinoso ingresso in Napoli di Championnet che tanto rivela il coraggio de' Napoletani (1), ed altro via via in sino all'età nostra, egli trovò modo di tutto venir documentando, senza tenere ira nè parte; che se scontorcono nelle politiche storie la faccia del vero, più dannose ne' guerreschi racconti risulterebbero allo spirito militare. Si è la scienza, od il coraggio, che danno la vittoria, e non la moltitudine scrisse il Guibert; e fu l'epigrafe da lui posta a' venti volumi dell'Antologia. La sua Storia Militare del Reame di Napoli ne ha pur altra, ch'è fiore d'ammaestramento e storia anch’ella, tolta da Mario Pagano. Tutte le virtù adornano le nazioni; ma la virtù, che più splende, sta ne' campi. Il senno, 1'eloquenza, l'ingegno avanzano gli Stati: il valore guerriero li conserva. I governi de' primi popoli erano rozzi, ignoranti, barbari, ma durevoli perchè guerrieri. I governi di civiltà corrotte presto caddero, benché abbondassero buone leggi, statuti, oratori, tutti i sostegni e gl'incitamenti alla virtù; ma gl'incitamenti avean tollerato, che, le armi cadessero.

(I) Accennerò pochi brani appena della relazione eloquente del generale Championnet al Direttorio Esecutivo « Quartiere generale di Napoli, il 5 piovoso, anno VII, (21 gennaio 1799). «Vi annunzio che l'Esercito Francese occupa Napoli e tutti i suoi forti. Tre giorni di Consecutivi combattimenti sono appena bastati por sottomettere l'immensa popolazione di questa città, sostenuta dagli avanzi dell'Esercito Reale, che vi stavano uniti.... L'Esercito (Francese) si slancia; attacca con furore; è ricevuto del pari. Non mai combattimento fu più accanito; non mai quadro fu più spaventoso. I lazzari, questi uomini maravigliosi, questi reggimenti Napoletani, avanzi dell'Esercito, sono altrettanti eroi rinchiusi in Napoli. Si combatte in tutte le vie; il terreno si contrasta palmo a palmo; i capi si serbano intrepidi. Li fulmina il forte di S. Elmo; la terribiele biaionetta li rompe; si ripiegano in ordine; ritornano all'attacco, s'avanzano con audacia, spesso guadagano terreno...... Io sperava, che il terribile esempio della vendetta francese li avesse forzati a domandar quartiere. Nulla di ciò: scaramucciano tutta la notte, moltiplicano gli attacchi, ed aspettano con coraggio la mossa delle colonne Francesi ». (Documento rinvenuto e serbato dal Generale Ulloa)
XX. In tanto correnti di nuove idee si succedeano, occupando gli animi. Al pacifico progredimento di libertà nuovo surrogavansi moti e subugli. Ingrossavano i tempi. Cessava l'Antologia Militare, al 1847; e nuova materia ed ampia si apprestava allo storico. Quello che le milizie Napoletane fecero da prima in Calabria e Messina; i fatti d'arme seguiti di qua e di là dal Faro; il militare comando, che in Palermo esercitò il Generale Roberto de Sauget; il di costui integrale carteggio col Re insino alle posteriori opere di Carlo Filangieri, che il surrogò a ricuperare la Sicilia; in fine ciò che i Napoletani al 1848 fecero sul Po; il loro ritorno; la contemporanea presenza, del Napoletano navilio nelle acque di Venezia, e altrove, congiun¬tamente alle navi Sarde; dovea tutto ciò aggiungere argomento nuovo e fecondo agli studi del Generale Ulloa. A formarsi in fatti un corretto giudizio degli uomini e de' tempi non si ha che a ricorrere i raccolti ed i più riposti documenti men casualmente che provvedutamente capitati allo storico. Quanta materia pur a' civili storici: quanti mutamenti di fede, di opinioni e di fortune; quante virtù punite; quanti calcoli, autrice la codardia, estimati insegnamenti, e, ciò ch'è peggio, propositi di libertà nuove e pruove di patrio amore!
XXI. Dal 1830 al 1845 le due politiche, del Reame di Napoli e del Piemonte, più congiunte per le nozze di Maria Cristina di Savoia con Ferdinando II, ivan d'accordo; ed assopite con l'Austria parean tulle specie di rancori. Sopraggiunto il 1848, dopo il 15 di maggio in Napoli, dopo Novara del vegnente anno, esule e scomparso il Re Carlo Alberto, trucidato in Roma Pellegrino Rossi, raminghi gli altri Principi d'Italia, men da indigeni che da strani venturieri travagliata la Sicilia; da rinascenti intemperanze di piazza, e particolarmente
da cospirazioni disconfessate nel frangente per non sentirne l'opportunità o meglio la giustizia gli autori, e millantata poscia fuori pericolo al 1860; 1'animo del Re parve oggimai sviarsi dal proposito di progredire in riformagioni, e poco men si scurò. È storico ufficio, scalzando uomini e tempi, rivelarne i carichi, a cui spettano e il danno sopravvenuto. La morte non ha dato all'ultimo de' grandi storici Italiani, Cesare Balbo, di essere egli stesso, men presso i contemporanei, che poco o nulla rileva, quanto presso gli avvenire, 1'inappuntabile testimone di ciò ch'ò venuto man ma.no a frangere novissimamente 1'antico filo delle storiche aspirazioni d'Italia; che nacque ed i secoli collaborarono a ricomporre federale (1). Ed è qui pregio di rammemorare tanto nome, per leggersi, segnatamente nella postuma appendice del sapiente Sommario frammenti di lugubri vaticini, pur troppo avverati, di mali voluti da pochi, dai più tollerati, patiti da lutti.
XXII. Prologhi al dramma, che più tardi dovea venir fuori dopo il trattato di Parigi, e la partenza degli ambasciatori Francesce ed Inglese da Napoli, furono gli sbarchi di Sapri al 1857; e, dopo tre anni, di Sicilia e di Calabria, preparati in porti stranieri, e pe' mari del Reame eseguiti in grosse navi a vapore sotto la scorta e all'ombra d'insegne Sarda, Francese, Inglese ed Americana (2). II Debito Pubblico, trovato da Ferdinando II. a 73, asceso in propresso a 119 e più, cominciava per temute novità a scemare. Diminuivano i commerci; chiudeansi i capitali; cresceva il cambio; e di quel tesoro, che la Prussia, ora Germania, dice di guerra, e Napoli potea pur dire di guerra e di nazione, ch'erano i Banchi, la Cassa d'Ammortizzamento, e tutte specie di Economici Depositi, costante studio ed opera del Governo di Napoli, la Rivoluzione cominciò man mano a giovarsi, con meditato appello ad ogni maniera di passioni, o vuoi cupidigie di venturieri; che pur soddisfatti non restano d'altro appetire; per cui disutile il tesoro di chi regge a sfamar tanti, ed impotente in governamento instabile ogni legge a contener ed ordinare ciò che va sconfinato e violento. Ed ormai, nel frangente, dopo la morte di Ferdinando II, in non cale o violate dottrine antiche e principi di pubblico diritto, ed altro prevalendo, la Monarchia di Ruggiero, di Federico di Svevia, di Renato d'Angiò, d'Alfonso d'Aragona, e di Carlo III di Borbone, dopo otto secoli e più, ne' suoi cardini venia peggio che tradevolmente rosa. E, per essere come i corpi ad epidemie, gli uomini altresì esposti a contagioni d'idee, sopra modo il Militare navilio n'era sciaguratamente colpito; salvo ardita mano di Marinai-cannonieri, venuti in Gaeta senz’altro consiglio o comando, che il suggerito loro da invincibile stimolo di fede al Re, o da già preceduta, luce d'insigni esempi; il Vice-ammiraglio Leopoldo del Re, il Capitano di vascello Roberto Pasca, ed i Capitani di fregata Ruggiero Besia e Raffaele Criscuolo, ormai al loro posto d'ufficio e d' onore.
(1) « La vera ricostituzione dell'Italia comincerà con l'era federale.» Giuseppe Ferrari, Ottobre 1860. Alti Ufficiali della Camera.
(2) II Cagliari, il Fulminante, l'Utile; l’Amazone, il Pausilippe; il Blackwel, l'Amsterdam, il Washington; il Franklin, ed altri. Il di 10 maggio 1860 si partiva di Genova il vaporo Inglese Eagle con 512 volontari, imbarcandone altri 115 a Livorno, con 62 casse di munizioni, ecc, ecc.

XXIII. E v'ha una lugubre striscia di sangue da Marsala a Messina, ed altra di più rilievo da Capua a Gaeta, amendue segnanti 1'infortunata, l'ostinata, e, meglio dirò, gloriosa agonia del primo Reame in Italia. Verrà la militare storia sponendone i fatti, non assottigliando a' Napoletaui caduti il tributo di laude, che loro si dee, se vuole esser debito la militare fede, e storico il diritto per cui combatteano. I Generali sortiti, i brani dell'Esercito, il crescente numero di disinganni pari al coraggio montante, il finale assottigliamento, l'ostinata fede (1), il singolare slimolo a nuovo ardore nello esempio del proprio Re; gli è questo il grave subbietto degli ultimi libri del Generale Ulloa al cadere della Monarchia. Non più, come per lo innanzi, lontano spettatore: d'altri certami e d'altri assedi: Direttore di Guerra sin dagli 11 settembre 1860 in Gaeta, egli fu' oculare testimone di ciò ch'è venuto poscia descrivendo.
Nei rimasti sotto le giurate insegne egli ha veduto ripetersi le virtù stesse e le sventure de' Napoletani caduti a Benevento, a Tagliacozzo ed altrove; ed i cinque Generali, in men di quattro mesi spenti dalla battaglia del Garigliano alla capitolazione di Gaeta, Riccardo de' Sangro, Emanuele Caracciolo di San Vito, Francesco Ferrara, Francesco Traversa e Mattdo Negri, gli si son nostri cavalieri e soldati degni di onorar di pari fede, di pari abnegazione, di pari cuore in morte, anche altri Re, altri Stati, altri Eserciti, ed altre età (2).
(1) Obstinatio fidei —Tacito.
(2) Ai Duchi, Riccardo de' Sangro ed Emanuele Caracciolo di San Vito, hanno non guari gli egregi figliuoli posta lapidea Memoria nel Duomo di Gaeta. In forma più modesta han reso lo stesso ufficio al Generale Ferrara nel Duomo medesimo la veneranda vedova ed i figliuoli. A Francesco Traversa niegando la povertà de' suoi di far lo stesso, come anche a tanti altri minori in grado, glielo compie la Storia. Intorno a Matteo Negri trovo nel militare archivio del Generale Ulloa il documento ch'è qui acconcio di rammemorare: « Ordine del Giorno , Gaeta 31 ottobre 1800. « Soldati!
Alla destrezza e più ancora alla bravura dogli artiglieri va dovuta la gloria del felice combattimento di ieri l'altro sulle sponde del Garigliano.
Ma la gioia del trionfo veniva amareggiata dalla morte del giovane valoroso ed intelligente, Brigadiere Matteo Negri. Il quale, toccato una prima ferita in ufficio di comando, volle tuttavia, per nuovo ardor bellicoso, discendere al più semplice di artigliere; e, puntato un cannone, nuovamente percosso, cadeva.
L'Augusto Re, Francesco II, ha ordinato che si s'innalzi al prode defunto tal Monumento, che ne ronda durevole il nome ad esempio di quanti sono o verranno nella difficile, ma pur gloriosa carriera dello armi. Questo Presidio rendea oggi con piena pompa militare gli ultimi funebri onori allo estinto. E l'Esercito alla nuova di tanta perdita comprenderà, che se di sì alta, speranza e pruova di Generale vien privo, gli è debito, nel farne lutto, di onorarne il nome e la memoria.»
Il Direttore della Guerra Firmato — ANTONIO ULLOA.

XXIV. Dopo il Congresso di Parigi, al 1850, i politici intendimenti di Palmerston e di Napoleone III, precipuamente su Napoli e Roma, sempre più fortunando, i loro Ammiragli nelle acque di Gaeta avean impassibili veduto nelle estreme lotte d'uno Storico Diritto con rivoluzione stranamente ausiliata le arsio¬ni d'una Piazza, abbandonata alla virtù e solo coraggio de' suoi difenditori. Francesco II intanto, compiuto da Re e soldato un alto debito ed illeso uscito da tra mezzo le ultime macerie, stato non guari ardito giovane ne' pericoli, maturo oramai e co¬me vecchio rendendolo di fortuna i rigori, sin da' primi silenzi del comincialo esilio in Roma cominciò a vie più munirsi e vivere di nuovi studi e di memorie. Nel tempestoso anno di regno, tra i molti, che gli si sarebbero in prosperità mostrati devoti, s'ebbe al suo cadere l'opportunità di conoscerne parecchi: onde solo estimò diserbar quindi innanzi consiglieri e compagni i più di provata virtù, noti al Reame, ed alcuni anche fuori per fama di studi. Io recito lugubri frammenti di storia; ricordo infortuni; favello di caduti; e pur troppo, per non poter altro rendere la sepoltura che sensi di verità e di rispetto, m'è lontana ogni cagione di parte. La Storia militare, che vuole avere pochi e più rigidi principi, registrerà i nomi del Vice-ammiraglio Leopoldo del Re e del Tenente Generale Francesco Casella, ambo prescelti Ministri in Gaeta. Ed insignemente verrà l'ultimo commendando, per essersi nel ruinoso frangente, e nella scura incertezza d'ogni caso, grave di anni ed infermo, ma forte di sensi di militar fede e di onore, tratto, dov'era più imminente il pericolo. E la contemporanea Storia per altri pregi non tacerà di due Ministri, or pure defunti.
Il Barone Antonio Winspeare (fratello di Davide, che, Maggiore di Artiglieria e capitolalo di Gaeta, ora milita, Generale negli Eserciti Russi, e ricorda quel Roberto Winspeare, anche Napoletano, uffiziale di artiglieria in Napoli al 1806, e poscia Tenente Generale sotto le stesse insegne Russe, venuto in gran pregio nelle maggiori guerre del tempo, sul Pruth e sulla Senna; dove il 30 marzo 1814, sotto Parigi, da ultimo proietto lanciato avea tronco il sinistro braccio) Ministro di Napoli a Torino nel 1860, aveala, dopo memorevole protestazione, lasciata, e posposta a Gaeta, quando non era più dubbio il deciso e soprastante assedio.
Un pronipote di Adriano Ulloa, primo Duca di Lauria, Presidente del Sacro Regio Consiglio, ed in tale estimazione presso G. B. Vico, che il nomava il Solone del Napoletano maestrato, il discendente di tant' uomo, Pietro Ulloa, dopo un secolo e più, al retaggio del titolo, degli studi e dell'ingegno aggiungendo gran varietà d'insigni scritti, Ministro del Re a Gaeta, il seguitava esule in Roma. Dove Francesco II non inoperoso, dopo i Diplomatici atti fatti pubblicare in Parigi (1), commettendo ad ufficiali il Giornale della Difensione di Gaeta, e Memorie intorno agli ultimi fatti di Messina e di Calabria, e sempre confortando il Duca di Lauria a nuovi scritti, i più già messi a stampa (2), ordinava di darsi in luce tutto ciò, che riferiasi a' militari avvenimenti di Sicilia, dal 5 aprile al 18 maggio 1848 al 18 maggio del 1861. E, poiché noi 13.°, 14.°, e 15.° volume dell'inedita Storia Militare mancavano gli anteriori fatti di Sicilia, l’edito in Roma venne a formare il volume duodecimo. Ed il Generale Ulloa intanto s'applicava ad ordinare in quattro volumi manoscritti rilevante carteggio Francese ed Inglese, in cui figurano non ignoti nomi; Niel, Pelissier, Berryer, Grammont, Napier, Rokeby, Palmerston e più altri. E, tenace nel proponimento di raccorre lutto quello che in contemporanei fatti giovar potea a storici studi, davasi, e tuttora continua, a ricerche di scritti e di documenti formanti sin oggi un insieme di oltre a 94 volumi Miscellanei, che accrescon pregio alla sua modesta Biblioteca.

(1) Gaete—Documents Offìciels—Paris 1861.
(2) Della Vita e delle Opere di Pietro Ulloa per Carlo de Cesare — Bari 1852.—Gli scritti pubblicali dal 1860 sin quasi al giorno della sua morie nel 1879 sono:
Delle presenti condizioni del reame delle Due Sicilie. Vol. 1, Italia 1862.
Lettres Napolitaines. Vol. 1, Roma, 1863.
L'Union et non pas l'Unitè d'Italie, Paris.
L'Abdication, le Partage et la Fédération d'Italie. Italie 1868.
Les Previsions de Gaete et les Promosses d'Ancone. Italie 1869.
Lettres d'un Ministre emigré: suite aux Lollres Napolitaines. Marseille 1870.
Della Sollevazione delle Calabrie contro i Francesi. Roma 1871.
Marie Caroline d'Autriche et la conquete du Royame de Naples en 1806. Paris1872.
La Duchessa di Biccari e di Airola. Napoli due secoli addietro— Palermo 1872.
Di Bernardo Tanucci e dei suoli tempi—Napoli 1875.
Di Carlo Filangieri nella Storia, dei nostri tempi. Napoli 1876.
Intorno alla. Storia del Reame di Napoli di Pietro Colletta—Annotamenti—Napoli 1877.
Di Angelo D'Ambrosio Tenente Generale —Napoli 1878
Opere Inedite
Storia di Napoli 4 vol.—Ricordi - 1 vol..

XXV. In stagione di disinganni pur frammisti a residuali furori di passioni potenti; affogati principi e dottrine, per cui popoli e nazioni, mouarchie e repubbliche si tradussero a retto viver civile, e lungamente vi si mantennero, gli è cittadino ufficio salvar da smarrimento, con ridestarne ricordo, le reliquie, se ne avanzino, di maestà antica. Io fo dunque voti, che gli storici studi tornino in onore nella patria mia, anche per la più luce che ne verrebbe ad affrancar da incuria o peggio, certo essenziale culto dovuto alla memoria dei passati. Se contemporanei interessi uccidon vivi, gli è la stria, che a sua volta ne li risveglia, nel modo ch'ella, giustizierà implacabile, ha pur forza di riuccidere i morti. Erodoto, recitando per le pubbliche vie di Grecia le sue storie, preparava Tucidide. Una Società Napoletana di Storia Patria, da non guari constituita, si è di tutte le Associazioni appo noi promosse la più acconcia, la più salutevole a ridestare e vie più innobilire le memorie di Napoli, che di storia e di civiltà pareggiò quando non precede altre città e regioni d'Italia. Ed i libri e manoscritti del Generale Ulloa, aperti a tutti, come da principio notai, dalla singolar cortesia dell'egregio uomo, non iscarsa luce, specialmente per fatti di guerra, porgerebbero agli investigatori del passato; non per altro intenti a storici studi, che a, migliorar se stessi, specchiandosi ne' grandi modelli del passato, e, scrivendo, ad illuminare gli avvenire.
XXVI. Resta argomento d'altri libri (1), a cui da grande ora ho messo mano, di rammemorare, dopo i novissimi rivolgimenti del Reame , i fatti e gli uomini al suo cadere venuti fuori dalle mine. Non m'è dato tuttavia, toccando qui non d'altro che di militari notizie, contenermi dal chiudere questa Memoria con pensieri, che mi porgono i tempi, troppo correnti a sistemi di dinieghi quanto più i trascorsi furono a studi di salutevoli affermazioni. Vi ha chi accagionar vorrebbe i governi de' nostri Re di certo rigore, di forme religiose, poco men che imposte ad ogni ordine di cittadini in pubblici uffizi e privati, nel modo che da altri s'accusano i governi stessi di troppa arrendevolezza a dottrine, dicono, di Giannone e di Tanucci. Inevitabile stato di chi regge, anche tra due felicemente contemporarandosi, di schivarne le simultanee ingurie. Io dirò solo che, per non esservi popolo senza un concetto di Dio, non è è dato fare un Esercito né comandarlo senza un culto. Tra il soverchio e il diniego la scelta non vuol essere dubbia; avanza accertatamente nel troppo un principio, un seme di opera. Rimosso dalle scuole, o per lo men contrastato il concetto divino; velato in sulle piazze, e per le vie il prestigio d'Autorità; e le voci di libertà, di patria, di progresso, per incorrispondenza di fatti, per disinganni sopravvenuti, oggimai in dcelinamento, a ridestare in difficili congiunture le forze del cuore ben poco o nulla per fermo s'appresenta.
XXVII. Non v'ha senso, che tragga l'uomo poco men che fuori i termini di natura quanto il ridestato in noi dal concetto del soprannaturale. I sensi di pietà, dicea la signora, di Stael, sono i primi a radicarsi in fondo degli animi, e gli ultimi a divellersene. Gli è con essi, che si sostiene la vita, e si è con essi che con più cuore la si abbandona, il cantor de' Sepolcri (2) non avrebbe alla tomba de' suoi guerrieri, senza una religione, accordate le magiche note della sua lira. I Re e capitani di Erodoto non attaccavan battaglia senza innanzi far libagioni. I Germani di Tacito, fermi nel senso di stare un Dio sopra a' combattenti, le sue immagini, tratte dai boschi, portavan nelle mischie. A Manfredo di Svevia, non sospetto di superstizione, due geni, Dante e Byron, han fatto omaggio. Il ponea l'uno nel suo Purgatorio; alle morenti labbra assegnava, 1'altro voci di spirito immortale. E, nella più propinqua storia, l'umile schifo, che notturnamente menava il Greco Canaris ad ardere il nemico navilio, non avea sulla mobile traccia ed oscura che gli si apriva, altra luce a meglio chiarirgli la meta, che una Croce confìtta a prua. Visitavo non guari la monumentale Palermo; e vidi in una parete di San Simone, ora Museo Nazionale, effigiati due, genuflesso 1'uno e l'altro che gli ponea sul capo un Diadema. Ruggiero e CRISTO!
Napoli, Ottobre 1881.
M. FARNERARI.

(1)Degli Annali, di Napoli sotto il Regno d'Italia. Libri quindici.
(2)Ugo Foscolo, I Sepolcri.