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16/12/2010 VD
Vi proponiamo un documento storico di indubbio interesse, tratto dal
volume Giuseppe Garibaldi, Lettere
ad Anita ed altre donne, raccolte da G. E. Curatolo,
Formiggini, Roma 1926, pp. 113-116.
Lettera a Donna Adelaide
Cairoli.
Caprera,
7 settembre 1868.
Madonna
amabilissima, (1)
Se v'è una voce, che possa pesare sulle mie
risoluzioni, dessa è veramente la vostra. E se gli
oltraggi
commessi dal più immorale dei Governi avessero soltanto
colpito
il mio povero individuo, io m'inchinerei oggi, umiliato, ai vostri
piedi, impareggiabile Madre, e vi direi, pentito:
«riabilitatemi nell'antica stima». Ma...
vedere il
sacrifizio di tanti generosi, fra cui preziosissima parte del vostro
sangue, risultare a pro' di alcuni traditori e rimanere
indifferenti, è troppa debolezza non solo, ma vergogna ! E
mi
vergogno certamente di avere contato, per tanto tempo, nel novero di
un'assemblea di uomini destinata in apparenza a fare il bene
del
paese, ma in realtà condannata a sancire
l'ingiustizia, il
privilegio e la prostituzioe !
Ciò che a Voi dico, avrei potuto, motivando la mia
dimissione,
pubblicarlo. Ma, come dire all'Italia, ch'io mi vergogno appartenere ad
un Parlamento, dove siedono uomini come Benedetto Cairoli? Quindi mi
sono semplicemente dimesso da un mandato divenuto ogni giorno
più umiliante.
E credete voi, che per ciò io non sia più con
essi ?
Tale dubbio, tale diffidenza, da parte della donna che più
onoro
sulla terra, mi furono veramente dolorosi ! E benché
affralito
materialmente, sento nell'anima di voler seguire i campioni della
libertà italiana, anche dove possa giungere una portantina.
Qui,
o Signora, io sento battere colla stessa veemenza il mio
cuore,
come nel giorno, in cui sul monte del Pianto dei Romani, i vostri
eroici figli faceanmi baluardo del loro corpo prezioso contro il piombo
borbonico! E quando giunga l'ora, in cui gl'italiani vogliano lavare le
loro macchie, se vivo, spero di trovarvi un posto.
troppo la stupida pazienza di chi li tollerava. E Voi, donna di alti
sensi e d'intelligenza squisita, volgete per un momento il vostro
pensiero alle popolazioni liberate dai vostri martiri e dai loro eroici
compagni. Chiedete ai cari vostri superstiti delle benedizioni, con cui
quelle infelici salutavano ed accoglievano i loro liberatori! Ebbene,
esse maledicono oggi coloro, che li sottrassero dal giogo di un
dispotismo, che almeno non li condannava all'inedia per rigettarli
sopra un dispotismo più orrido assai, più
degradante e
che li spinge a morire di fame.
Ho la coscienza di non aver fatto male; nonostante, non rifarei oggi la
via dell'Italia Meridionale, temendo di esservi preso a sassate da
popoli che mi tengono complice della spregevole genìa che
disgraziatamente regge l'Italia e che seminò l'odio e lo
squallore là dove noi avevamo gettato le fondamenta di un
avvenire italiano, sognato dai buoni di tutte le generazioni e
miracolosamente iniziato. E se vogliamo conservare un avanzo di fiducia
nella gioventù, chiamata a nuove pugne e che può
avere
bisogno della nostra esperienza, io consiglio ai miei amici di scuotere
la polvere del carbone moderato, con cui ci siamo anneriti e non
ostinarsi al consorzio dei rettili, striscianti sempre a nuovi
tradimenti. E chi sa, che non si ravvedano gli epuloni governativi,
lasciati soli a ravvolgersi nella loro miseria ?
Comunque, sempre pronto a gettare il mio rotto individuo nell'arena
dell'Unità Nazionale, anche se dovessi ancora insudiciarmi,
io
non cambio oggi la mia determinazione, dolente di non poter servire.
Lunga è la storia delle nefandezze perpetrate dai servi
d'una
mascherata tirannide, e longanime popolazioni care al mio cuore,
perchè buone, infelici, maltrattate ed oppresse;
dolentissimo di
contrariare l'opinione di Voi, che tanto amo ed onoro. Un caro saluto
ai figli dal vostro per la vita.
G.
Garibaldi.
(1) Nel settembre del
1868 Garibaldi,
disgustato per la condotta del Governo, che nulla faceva per le
popolazioni del Mezzogiorno, diede le dimissioni da Deputato al
Parlamento. Tali dimissioni provocarono il rammarico di tutti
i
patrioti e di Donna Adelaide Cairoli, alla quale Garibaldi diresse
questa lettera.
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